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    Minneapolis, ristoratore applaude i manifestanti che hanno bruciato il suo locale: “Hanno ragione, giustizia per George”

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 30 Mag. 2020 alle 15:57 Aggiornato il 30 Mag. 2020 alle 16:29

    Ristorante indiano distrutto durante le proteste a Minneapolis: “Che bruci! Giustizia per Floyd”

    La morte del 46enne afroamericano George Floyd lo scorso 26 maggio a Minneapolis, dopo che un agente gli ha tenuto un ginocchio sul collo per 8 minuti e 53 secondi mentre era a terra, ha sconvolto gli Stati Uniti e messo a ferro e fuoco la città. Centinaia di manifestanti si sono riversati per le strade del principale centro urbano del Minnesota per chiedere che sia fatta giustizia sull’uccisione dell’uomo, ennesima vittima della violenza della polizia bianca su persone nere. Oltre al commissariato di polizia, diversi edifici sono stati incendiati nel corso delle proteste che vanno avanti ormai da tre notti e tre giorni, e tra questi anche un ristorante indiano di Minneapolis, il Gandhi Mahal.

    Ma la rabbia per l’ingiustizia subita dal cittadino afroamericano e dai suoi familiari è così forte che il proprietario del locale sembra non essere preoccupato, perché è più importante stare dalla parte dei manifestanti, nonostante gli abbiano bruciato il ristorante. E pretendere giustizia per George Floyd. “Che bruci il mio ristorante! È necessario che sia fatta giustizia, mettete quei poliziotti in galera”, avrebbe detto l’uomo. Lo riporta la figlia in un post condiviso sulla pagina Facebook del locale.

    “Purtroppo il Gandhi Mahal è stato incendiato e danneggiato. Ma non perderemo la speranza, e sono grata a tutti i vicini che hanno fatto del proprio meglio per presidiare la zona e proteggere il Gandhi Mahal. Non dimenticheremo i vostri sforzi. E non preoccupatevi per noi, ricostruiremo il ristorante e ci riprenderemo. Sono Hafsa, la figlia di Ruhel. Scrivo mentre mio padre parla al telefono e guarda il telegiornale seduto al mio fianco. Lo sento dire: ‘Che bruci il ristorante! è necessario che sia fatta giustizia, mettete quei poliziotti in galera’. Anche se il Gandhi Mahal è stato incendiato, ieri sera, la nostra infuocata motivazione ad aiutare e proteggere la comunità non morirà mai! La pace sia con tutti voi”.

    Nel frattempo, un’avvocatessa per i diritti civili del Minnesota ha lanciato una raccolta fondi per aiutare Hafsa e Ruhel: un’iniziativa di solidarietà che ha raccolto in poche ore oltre 28mila euro in donazioni. L’urgenza di esprimere la propria indignazione contro il terribile avvenimento è sentita da tutti gli abitanti, tanto che persino il sindaco di Minneapolis, Jacob Frey, guardando il rogo che avvolge la città da lontano, ha dichiarato: “Non importa. La calce non conta quanto le vite umane. Salvare un commissariato non conta quanto salvare persone”. E a ribellarsi sono stati anche gli autisti dei bus su cui la polizia avrebbe voluto condurre in prigione i tanti dimostranti arrestati. “Le proteste contro l’omicidio di George Floyd sono giuste”, ha dichiarato uno di loro a Repubblica.

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