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    Aumento del salario minimo e redistribuzione della ricchezza: il socialismo che vince in Portogallo

    Credit: Afp

    Alle elezioni parlamentari il Partito Socialista di Antonio Costa ha ottenuto il 36,7 per cento dei voti. "A vincere è stato il modello socialista proposto da Costa, basato sulla redistribuzione delle ricchezza" ha commentato a TPI il ricercatore Goffredo Adinolfi

    Di Marta Facchini
    Pubblicato il 7 Ott. 2019 alle 18:28 Aggiornato il 9 Ott. 2019 alle 15:53

    Elezioni in Portogallo 2019, vince il Partito Socialista di Antonio Costa

    “Al Paese serve stabilità e lavoreremo per questo”, ha affermato il leader socialista Antonio Costa annunciando la sua vittoria alle elezioni parlamentari in Portogallo. Con il 100 per cento delle schede scrutinate, il Ps ha ottenuto il 36,7 per cento dei voti, seguito dal Partito socialdemocratico di centrodestra (Pds) al 28,1 per cento.

    Terzo il Blocco di sinistra con il 9,6 per cento dei consensi, rincorso dalla Coalizione Democratica Unitaria che riunisce tre partiti di estrema sinistra tra cui i comunisti al 6,3 per cento, il Partito popolare al 4,2 per cento e gli ambientalisti di Pan (Persone-Animali-Natura) al 3,3 per cento.

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    “È una grande vittoria per il Partito Socialista”, commenta a TPI Goffredo Adinolfi, ricercatore presso il CIES-IUL-Centro de Investigação e Estudos de Sociologia di Lisbona. “Un risultato scontato, come avevano previsto i sondaggi. Tuttavia, il Ps non è riuscito a ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento. Ora, in base ai deputati che otterrà il secondo partito, si inizierà a capire l’equilibrio delle forze politiche e le possibili alleanze”. 

    Il Partito Socialista governa il Portogallo dal 2015. Nelle elezioni di quattro anni fa Costa non riuscì a ottenere la maggioranza assoluta e diede prova della sua capacità strategica riuscendo a formare in Parlamento un’alleanza con due partiti di sinistra radicale. L’opposizione l’aveva ribattezza geringonça, “l’accozzaglia”, a indicare una coalizione che non sarebbe durata a lungo. Domenica, nel suo discorso per la vittoria, Costa ha affermato di voler rinnovare l’esperienza di un’alleanza con la sinistra. 

    “Le coalizioni sono ancora tutte da vedere. Il Ps ha più deputati di quanti ne ha la destra: potrebbe formare un governo minoritario senza un accordo anche se è più probabile un’alleanza con il Blocco di sinistra e con il Pan”, spiega Adinolfi. “È meno certo che si arrivi a un accordo con i comunisti, che non sono usciti benissimo dalle urne e hanno ottenuto 12 seggi, cinque in meno rispetto alla scorsa tornata. In quattro anni di governo, sono stati un alleato leale ma sono essenzialmente un partito anti-europeo e sovranista”. 

    La carta vincente giocata da Costa è stata l’economia. Dopo essere arrivato al potere nel 2015, il leader del Ps ha revocato alcune delle impopolari misure di austerità introdotte dal precedente governo guidato dal Psd in cambio di un salvataggio internazionale di 78 miliardi di euro che ha mantenuto a galla le finanze dopo la crisi dell’Eurozona.

    Approfittando della ripresa economica globale, Costa ha invertito i tagli ai salari e alle pensioni del settore pubblico, riuscendo a ridurre il disavanzo di bilancio quasi a zero nel 2019, il livello più basso dal ritorno del Portogallo alla democrazia nel 1974. Il rapporto debito/Pil si è ridotto costantemente, passando dal 131 per cento del 2014 al 122 per cento del 2018.

    La crescita del Portogallo è stata superiore alla media dell’Unione europea negli ultimi anni, passando dallo 0,19 per cento del 2014 al 2,1 per cento del 2018. Parallelamente il tasso di disoccupazione si è dimezzato a circa il 6 per cento, anche se i critici lamentano bassi salari, insicurezza del lavoro e prezzi delle proprietà in aumento con il boom del turismo.

    “La politica di Costa, un’austherity di sinistra, ha premiato per un doppio motivo. In primo luogo, non ha mai sfidato l’Unione Europea e non ha spaventato i cittadini che potevano essere impauriti da una fuoriuscita dall’eurozona. Poi, all’interno delle regole dell’Ue, ha attuato una politica di redistribuzione del reddito, per esempio modificando gli scaloni dell’Irpef e potenziando il welfare”, aggiunge Adinolfi.

    “In quattro anni il salario minimo delle famiglie è aumentato da 500 a 600 euro e la redistribuzione della ricchezza è stata notevole”. Nel periodo 2014-2018, il reddito dei nuclei familiari è cresciuto in media di 4mila euro. Inoltre, le disuguaglianze misurate dall’indice di Gini sono scese dal 34,5 per cento del 2014 al 32,1 per cento del 2018. 

    Le urne mostrano un risultato in controtendenza rispetto al resto dell’Europa che vede i socialisti in crisi quasi ovunque, anche in Spagna dove Pedro Sanchez sta affrontando la quarta elezione in meno di quattro anni.

    “Redistribuire la ricchezza è stato l’elemento distintivo del socialismo portoghese”, spiega Adinolfi. “Costa ha dimostrato di avere attenzione per il proprio elettorato. Che se si poteva, si sarebbe agito. Ha fatto sentire i cittadini protetti. Un punto che gli altri partiti socialisti nell’Unione Europea non hanno ancora capito”.

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