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Come sono arrivate le armi a Parigi?

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Da dove vengono le armi d'assalto che sono state utilizzate dagli attentatori negli attacchi di Parigi del 13 novembre?

All’indomani dei terribili attacchi di Parigi, una domanda che si fanno in molti è proprio questa. Come è possibile che in un Paese come la Francia, che vanta leggi molto severe sul possesso di armi da fuoco, e in cui è quasi impossibile acquistare legalmente un’arma potente e micidiale come un AK-47 – un fucile d’assalto sovietico a fuoco selettivo operato a gas –, i terroristi siano riusciti a procurarsi quel tipo di armi?

Un testimone dei terribili eventi di Parigi ha raccontato di aver visto i terroristi far fuoco con delle armi d’assalto stile-Kalashnikov contro le vetrine del ristorante Petit Cambodge, nella parte nord della capitale francese, uno dei luoghi della strage consumatasi mercoledì sera.

Allo stesso modo, anche le sparatorie nella redazione del giornale satirico Charlie Hebdo e nel kosher vicino a Porte de Vincennes del gennaio 2015 erano state eseguite con armi che in Francia sono illegali.

Dunque, da dove vengono queste armi?

La risposta più plausibile sembra essere l’Europa dell’est, dove il traffico di armi letali è parte di un commercio esteso e pieno di ombre, in cui le autorità locali hanno molta difficoltà a intervenire.

Il governo francese e l’Unione europea sono consapevoli di avere un problema di armi provenienti dall’estero. Tuttavia, come dimostrato dalla recente catena di attacchi, il tentativo di ridurre il flusso di armi non è evidentemente riuscito a fermare le azioni dei terroristi.

Al Jazeera riporta, citando i dati del National Observatory for Delinquency di Parigi, che il numero di armi illegali in Francia è aumentato drammaticamente negli ultimi anni.

“Il fatto che un Kalashnikov o un lanciarazzi possano essere acquistati per una cifra che va dai 300 ai 700 euro in alcune parti dell’Unione europea dimostra la loro facile reperibilità per [gruppi di criminalità organizzata], gang della strada, o gruppi responsabili di attacchi di alto profilo che risultano in elevato numero di vittime,” ha spiegato in un policy brief l’Europol, l’agenzia dell’Unione europea finalizzata alla lotta al crimine.

Molte delle armi arrivano in Europa dalla Russia, passando attraverso gli stati Balcanici. Le imprese russe avevano originariamente fabbricato le armi per venderle ai gruppi armati protagonisti dei conflitti in Bosnia, Serbia e Kossovo. Dopo la fine dei conflitti negli anni 90, quasi sei milioni di armi rimasero, secondo quanto riportato dal progetto di ricerca indipendente Small Arms Survey, con base in Svizzera.

Così, prevendendo correttamente la richiesta estera di armi di calibro militare, i trafficanti neutralizzarano i già incerti tentativi da parte dei governi di rimuovere le armi dalla circolazione. “La maggior parte della legislazione nella regione è ancora agli inizi e non è stata implementata,” ha aggiunto lo Small Arms Survey.

Le armi sono così diventate uno dei maggiori beni d’esporto nei Balcani. “Molte delle armi da fuoco importate illegalmente in Europa provengono dai Balcani, dopo esser state trattenute illegalmente a seguito dei recenti conflitti avvenuti nella regione,” ha dichiarato l’Europol.

Inoltre, il flusso di armi illegali non finirà neanche quando i trafficanti dei Balcani esauriranno le loro scorte di armi “vintage” risalenti ai tempi dei conflitti nella regione. Un esperto sul traffico d’armi – facente parte del Conflict Awareness Project – ha infatti detto ad Al Jazeera che “Una delle ragioni per cui ci sono così tanti Kalashnikov e AK-47 sul mercato nero è che la Russia ha appena sviluppato un nuovo modello di Kalashnikov, e questo ha portato ad una massiccia accumulazione dei vecchi esemplari”.

Il 6 marzo del 2012 la Francia aveva passato una legge che irrigidiva le misure in materia di armi, aumentando la pena per il possesso illegale. Solo sei giorni dopo Mohamed Merah, un jihadista francese di origini algerine massacrava sette persone in sei attacchi diversi vicino la città francese di Tolosa. Nell’arsenale di Merah figuravano un AK-47, un Uzi, uno Sten, un fucile e diverse pistole, tutte armi illegali in Francia.

Nell’ottobre 2014 la polizia francese aveva fatto irruzione in diverse abitazioni in tutto il Paese, in un’operazione che aveva portato allo scioglimento di un’organizzazione di trafficanti, all’arresto di 48 sospettati e al sequestro di centinaia di armi illegali. Tre mesi dopo, i jihadisti armati aprivano il fuoco con i loro AK-47 nella redazione di Charlie Hebdo, uccidendo 12 persone.

Le armi continuano ad essere introdotte illegalmente nel Paese, finendo nelle mani di estremisti violenti. Un’ennesima, tragica volta, nella notte di venerdì 13 novembre, terroristi pesantemente armati hanno aperto il fuoco contro dei civili innocenti, in un Paese con poco armi legali, che ha la sfortuna di essere circondato da molti Paesi “senza leggi”, ma con molte armi.

(L’articolo è stato originariamente pubblicato qui.)

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