Perché il trasporto pubblico è fondamentale per lo sviluppo di una città
Da Roma a Medellin. Da Madrid a Tokyo. La storia recente insegna: dotarsi di collegamenti efficienti fa diminuire il traffico, migliora la qualità della vita, crea coesione sociale. E allontana la criminalità
La zona nord-ovest di Roma forse non ha l’identità definita di altri quadranti della Capitale: nel periodo in cui spopolavano i video su internet su stereotipi, pregi e difetti di «Roma Sud vs Roma Nord», quest’area sembrava totalmente esclusa. Forse sconta in parte uno sviluppo urbano confusionario, che nei decenni aveva costretto qui più che altrove molti cittadini a essere dipendenti dall’automobile privata e a trascorrere molto tempo nel traffico.
Se la vecchia borgata di Primavalle ha una sua chiara identità, più difficile da quelle parti è tracciare il confine tra Boccea e Torrevecchia, Pineta Sacchetti e Val Cannuta. È proprio qui, però, che il primo gennaio del 2000, mentre iniziava il Giubileo, per molti cittadini le cose sono cambiate con l’apertura del prolungamento della linea A della metropolitana, che fino al giorno prima collegava l’estremo sud-est di Roma entro il raccordo al rione Prati: a partire da quel giorno, la metro si inerpicò su questo pezzo di città fino al suo nuovo capolinea in via Mattia Battistini. Non si trattava semplicemente di cinque nuove stazioni, ma di un quadrante della Capitale che finalmente poteva essere raggiunto e raggiungere in una decina di minuti quartieri lontani chilometri, restituendo ai romani tempo, qualità della vita ed energie che altrimenti avrebbero dovuto trascorrere nel traffico, pianificando in largo anticipo i propri spostamenti, e comunque sempre esposti al rischio di imprevisti.
Ma questo non è l’unico giovamento che si può trarre da un trasporto pubblico efficiente. La società odierna è talmente costruita intorno alla dipendenza dall’automobile privata che tante volte nemmeno ci rendiamo conto di quanto ampia sia la porzione di spazio pubblico che essa occupa: in una strada, la carreggiata, ovvero la parte riservata al transito delle automobili, è generalmente la porzione più consistente, mentre ai pedoni e a tutti quei servizi e arredi urbani che vanno dalle panchine alle aiuole, da fontane e fontanelle alle aree per tavolini all’aperto, rimane solo una parte residuale. Va inoltre notato che in quella carreggiata ogni auto occupa una porzione di spazio notevole per trasportare potenzialmente anche solo una persona. Offrire un trasporto pubblico efficiente, magari sotto la superficie stradale, restituisce dunque spazio alla città, abbellendola e offrendo spazi e luoghi d’incontro che possono migliorare la qualità della vita.
Questione di identità
In città sempre più grandi e dispersive i quartieri possono rimanere isolati e cadere nel degrado e nell’esclusione: renderli facilmente raggiungibili può diventare quindi una questione di giustizia sociale. Come abbiamo visto, collegare un quartiere al resto della città significa rendere più facile la vita dei suoi abitanti e di chi lo frequenta e offre anche numerose altre opportunità di riqualificazione e miglioramento dei servizi. Inoltre, in megalopoli dal tessuto urbano disomogeneo rappresenta ancora di più un elemento che può offrire un’unità non solo urbanistica, ma anche a livello di coesione sociale dell’intera città.
Pensiamo ad esempio a Tokyo: la capitale giapponese è il centro di una megalopoli di oltre 37 milioni di abitanti, un numero sterminato, superiore a quello di intere nazioni. Gestire e dare la doverosa coesione a una simile area è un’impresa molto delicata, in cui la rete metropolitana gioca un ruolo fondamentale, permettendo spostamenti rapidi ed efficienti che contribuiscono non solo a livello pratico e logistico ma anche identitario a far sì che ognuno si senta parte della città. Essere residenti di un Comune ma vivere isolati dalle sue zone principali, spesso, allontana in questo senso.
Eppure spesso opere di tale importanza non sono viste con favore dai cittadini: il timore per disagi, tempi lunghi e poca trasparenza nella gestione dei lavori favoriscono una prudenza, se non addirittura un’avversione, da parte di alcuni cittadini verso la realizzazione di linee della metropolitana e grandi opere. Per questa ragione i politici, coloro che quindi dovrebbero proporre e guidare con responsabilità la realizzazione di queste infrastrutture sono alle volte i primi a mostrare prudenza o addirittura a opporsi apertamente. Non successe questo a Madrid, negli anni Novanta, quando il Partito Popolare fece del prolungamento della metro un cavallo di battaglia elettorale, venendo premiato dal voto dei cittadini e realizzando uno dei principali sistemi ferroviari urbani dell’intera Europa, che proprio in quegli anni vide una delle fasi più importanti del proprio sviluppo e che contribuì appunto alla coesione territoriale e sociale di una delle principali capitali del continente.
Caso di studio
Ci sono poi casi eclatanti che mostrano come il trasporto pubblico, combattendo forme di marginalità, possa essere un esempio anche per fermare situazioni di criminalità e degrado estremo. È il caso ad esempio della città colombiana di Medellin, che negli anni Novanta aveva toccato il vertice di una spiacevole nomea legata al suo cartello di narcotraffico e alla figura di Pablo Escobar, il re della droga ucciso dopo un rocambolesco inseguimento nel 1993. Proprio in quegli anni la città rispose iniziando a sconfiggere la fama violenta e criminale che le era stata affibbiata partendo dal trasporto pubblico: nel 1995 Medellin inaugurò la prima linea metropolitana della Colombia, all’interno di un sistema integrato che puntava a raggiungere anche quelle baraccopoli fitte e difficili da raggiungere che rappresentavano le zone dove si verificava la maggiore densità di crimini. Già, ma come fare a collegare zone in cui le strade sono strettissime e impervie e dove far passare un mezzo pubblico è dunque impossibile? La soluzione arrivò inserendo sistemi di scale mobili pubbliche e cabinovie che hanno così permesso di raggiungere e integrare nella città anche queste zone.
Spesso pensiamo che il trasporto pubblico sia limitato ad autobus, tram e metropolitane e guardiamo con sorpresa qualsiasi altra infrastruttura, ma la vicenda Medellin mostra che invece pensare fuori dagli schemi può essere decisivo. Proprio questi mezzi, infatti, hanno portato a risultati importanti: i crimini, omicidi in primis, sono crollati e la capitale negli anni ha saputo lasciarsi la sua cattiva fama alle spalle e anzi promuovere una vivace scena artistica, fino a essere scelta nel 2013 come «città dell’anno» dall’Urban Land Institute di Washington, organizzazione che si occupa di città sostenibili.
Titoli a parte, Medellin si è trasformata in un caso di studio che mostra come il trasporto pubblico possa avere un ruolo sociale tale da arginare problemi di criminalità.
Sensibilizzazione
Il problema, spesso, è che il trasporto pubblico ha un costo notevole in termini economici e richiede lavori impegnativi: in Italia, poi, dove il terreno è facilmente irregolare e il sottosuolo costellato di resti archeologici che continuano ancora oggi a essere scoperti anche casualmente, costi e tempi aumentano facilmente. Anche per questo permane una certa prudenza da parte dei cittadini e della classe politica nel sostenere apertamente queste opere, che, tuttavia, come abbiamo visto possono essere fondamentali. Inoltre, troppe volte permangono elementi conservativi che tendono a escludere soluzioni innovative e alternative.
La società, tuttavia, soprattutto dopo il periodo della pandemia, dà maggiore attenzione a valori come la riappropriazione dello spazio e del tempo e sempre più città si stanno muovendo in questo senso, non solo attraverso lo strutturale miglioramento del trasporto pubblico ma anche creando percorsi pedonali e ciclabili e ridisegnando lo spazio in cui, grazie ai mezzi pubblici, le auto non sono più indispensabili.
I soldi per opere strutturali non sempre ci sono, lo sappiamo bene, ma intanto si può fare un lavoro culturale, che permetta di offrire maggiore consapevolezza sul ruolo sociale dei mezzi, sulla loro efficacia. Tante volte le persone scartano a priori, per abitudine, la possibilità di muoversi in autobus o in metropolitana semplicemente perché non hanno sufficienti informazioni a riguardo. Capita spesso di trovarsi in luoghi frequentati senza avere alcuna percezione di trovarci a pochi passi da una stazione della metropolitana: saperlo può essere il primo passo per valutare di usare quel mezzo e magari scoprire che è più efficiente di quanto pensavamo.
Non c’è da essere pessimisti, perché se è vero che culturalmente c’è ancora molto da fare, va detto che molto è stato fatto. Nel film del 1983 “Vacanze di Natale”, che fece da apripista alla fortunata serie di cinepanettoni, la famiglia Covelli, snob e altolocata, dalla sua residenza di Cortina manifesta il timore che «i Torpigna», dopo essere arrivati a Piazza di Spagna, ora arrivino pure nella perla delle Dolomiti. Non è una battuta casuale, ma un sentimento all’epoca – purtroppo – diffuso a Roma tra alcuni strati della società, in cui si temeva che la linea A della metropolitana, recentemente aperta, avrebbe portato le persone della periferia fin nel cuore del centro storico. Oggi, per fortuna, nessuno vedrebbe questo come un problema, ma come un modo per unire la città.