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    Chi era Vincenzo Muccioli, il fondatore della comunità di San Patrignano

    Di Anton Filippo Ferrari
    Pubblicato il 15 Gen. 2021 alle 12:57

    Chi era Vincenzo Muccioli, il fondatore della comunità di San Patrignano

    Vincenzo Muccioli è stato un imprenditore italiano, fondatore della Comunità di San Patrignano, dedicata al recupero e alla riabilitazione dei tossicodipendenti. Primo di due figli (il secondo, Pier Andrea, è un geologo) nasce a Rimini il 6 gennaio del 1934. Interruppe gli studi di scuola superiore e cominciò a lavorare con il padre che gestiva un’agenzia d’assicurazioni, coltivando sin da ragazzino la passione per gli animali e per l’agricoltura. Nel 1962 sposò Maria Antonietta Cappelli (1934-2020), figlia di agiati albergatori per i quali lo stesso Muccioli ha lavorato prima di dedicarsi a San Patrignano. Dal matrimonio con Antonietta, Vincenzo ha avuto due figli: Andrea Maria e Giacomo Maria.

    San Patrignano

    Qualche anno dopo il matrimonio, Muccioli, mentre moglie e figli continuano a risiedere a Rimini, si trasferisce in un piccolo podere nel comune di Coriano donatogli dalla famiglia della moglie per potersi dedicare più a fondo all’allevamento di pregiate razze canine e all’agricoltura. La via di accesso a questo podere si chiama San Patrignano, da cui prenderà il nome la comunità terapeutica. Nella prima metà degli anni settanta, nello stesso luogo, Muccioli si era interessato insieme ad alcuni amici alla parapsicologia e allo spiritismo, creando il gruppo del “Cenacolo” (nel quale lo stesso Muccioli ricopriva il ruolo di medium), dedito alle sedute spiritiche e alla medicina naturale. Il gruppo, tramite queste pratiche, si avvicina alle problematiche del disagio e dell’emarginazione e alcuni suoi membri collaboreranno con Muccioli alla creazione di San Patrignano.

    Nel novembre del 1978 nella casa di campagna di Muccioli entra quella che sarà la prima ospite della comunità, una giovane tossicodipendente trentina, figlia di amici di famiglia. Nel giro di poco tempo vengono accolti molti ragazzi che chiedono aiuto. Quando il numero degli ospiti è arrivato a trenta, viene costituita la cooperativa di San Patrignano che dichiara come suo obiettivo principale il fornire assistenza gratuita ai tossicodipendenti ed agli emarginati. Nel 1985 Vincenzo Muccioli e i familiari dichiarano di rinunciare ad alcune loro proprietà, donandole alla Fondazione San Patrignano costituita quell’anno con il determinante aiuto di Gianmarco e Letizia Moratti che, nel corso del tempo, arrivarono a investire centinaia di milioni di euro nella comunità.

    Da quel giorno, la comunità appartiene ai soci della Fondazione al fine dichiarato di aiutare coloro che vi operano e vivono o che ad essa si rivolgono in cerca di sostegno e di aiuto. Il fondatore della comunità dichiarava di ispirarsi a princìpi e valori che facevano parte della sua formazione culturale ed umana, come il rispetto per la vita e la dignità dell’uomo mentre i suoi detrattori sottolineavano che era accertato l’uso di metodi violenti, da alcuni definiti “terrificanti” come schiaffi e umiliazioni pubbliche, botte, catene e spedizioni punitive, contrari alla dignità umana.

    Procedimenti giudiziari

    Nel corso della sua vita, Vincenzo Muccioli ha dovuto affrontare due processi. Il primo (il processo delle catene) ebbe inizio col rinvio a giudizio il 10 dicembre 1983. Il 16 febbraio 1985 Muccioli fu condannato per sequestro di persona e maltrattamenti per avere incatenato alcuni giovani della comunità. Nel novembre 1987 la Corte d’Appello assolse l’imputato per gli stessi reati e la sentenza di assoluzione fu confermata dalla Cassazione il 29 marzo 1990.

    Il secondo, tenutosi nel 1994, ha portato a una condanna a otto mesi di carcere per favoreggiamento (con la sospensione condizionale della pena) e a un’assoluzione dall’accusa di omicidio colposo per l’assassinio, avvenuto in comunità, di Roberto Maranzano. Tuttavia, pochi giorni prima della sua morte (avvenuta il 19 settembre 1995), la Corte di Cassazione, sez. sesta, con sentenza n. 3063 del 13/07/1995 (dep. 15/09/1995) su ricorso della Procura generale di Bologna sancì che fu un errore processare Muccioli per omicidio colposo e che, se fosse stato in vita, avrebbe dovuto essere giudicato di nuovo per la morte di Roberto Maranzano con la più grave accusa di maltrattamenti seguiti da morte. Le vicende di San Patrignano e i relativi processi vengono raccontate nel 2020 nel libro “Tutto in un abbraccio” di Giorgio Gandola e nella docu-serie di Netflix (uscita nel 2021) “SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano“.

    Vincenzo Muccioli: la morte e le cause

    Vincenzo Muccioli morì il 19 settembre 1995 all’età di 61 anni. La causa della morte non è stata mai rivelata, anche se il Corriere della Sera scrisse che l’aggravamento fu dovuto a un’epatite C e che non erano dissipati i dubbi che avesse contratto l’AIDS per contagio da malati accolti nella comunità. Dopo la morte di Vincenzo, Andrea, il figlio maggiore, ha preso suo posto vivendo e lavorando a San Patrignano alla guida della comunità fino al 26 agosto 2011.

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