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    Assolto da stupro perché la vittima “non urlò”. La Cassazione: “Processo da rifare”

    In primo grado la donna non era stata ritenuta attendibile, in secondo grado l'uomo era stato di nuovo assolto per la "non procedibilità" del reato. Ma ora il fascicolo torna a Torino

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 6 Apr. 2021 alle 19:19 Aggiornato il 6 Apr. 2021 alle 19:21

    Ci sarà un nuovo processo per Massimo Raccuia, soccorritore ed istruttore del 118 accusato di aver violentato una collega in una stanza dell’ospedale Gradenigo di Torino utilizzata dai volontari nelle pause di riposo, nel 2011. Lo riporta Repubblica. Per i giudici della sentenza di primo grado, con cui l’uomo era stato assolto, la vittima non era attendibile perché “aveva detto basta, ma non aveva urlato”, non aveva “tradito emotività”.

    In appello, la donna era stata riascoltata, aveva confermato tutto ed era stata ritenuta pienamente credibile. Tuttavia, anche dopo aver accertato che la violenza sessuale fosse stata commessa, Raccuia era stato di nuovo assolto, per la “non procedibilità” del reato. I giudici avevano ritenuto infatti che mancava la querela, dal momento che la volontaria non aveva sporto subito denuncia, ma lo aveva fatto solo in un secondo momento.

    Il sostituto procuratore generale Elena Daloiso ha sottolineato il ruolo di “superiore” che Raccuia ricopriva all’interno della Croce Rossa. Era un volontario, ma aveva l’incarico di organizzazione del lavoro degli altri colleghi, quindi la vittima era nei fatti una sua sottoposta. Era stato a causa del timore per questa situazione, quindi, che non aveva sporto querela inizialmente.

    In Cassazione, i giudici hanno ritenuto che la querela non fosse necessaria, dunque il reato è procedibile d’ufficio. Per questa ragione, il processo d’appello è ora da rifare. Il fascicolo è tornato a Torino, ma ad occuparsene saranno i giudici di secondo grado di un’altra sezione rispetto a quelli che si erano già espressi.

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