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    Tonnellate di fiori buttate via. Il dramma dei floricoltori di Pescia e quei mazzi regalati ai cittadini

    Di Selvaggia Lucarelli
    Pubblicato il 11 Apr. 2020 alle 13:02 Aggiornato il 11 Apr. 2020 alle 13:29

     

     

    Fiori. Fasci di fiori profumati ovunque. Davanti ai supermercati, alle farmacie, perfino sulle tombe del cimitero. A Pescia, in provincia di Pistoia, appaiono gerbere, lilium, camelie dove non te le aspetti, perfino sui marciapiedi, in vasi spettacolari. E’ un’iniziativa meravigliosa dei produttori locali (Pescia è uno dei più importanti poli della floricoltura in Italia), che nasconde però una situazione drammatica: il mercato dei fiori è in ginocchio e i produttori, visto che quasi tutto il frutto del loro lavoro verrà gettato via, hanno deciso di abbellire la città, facendo anche un’opera buona: chi prende quei fasci per portarli a casa può lasciare una donazione destinata all’Ospedale di Pescia. “Stiamo vivendo una situazione drammatica. I fiori piacciono a tutti, ma a quello che c’è dietro il mondo dei fiori non ci pensa mai nessuno” mi dice l’amministratore del Mefit, il mercato toscano dei fiori, Antonio Grassotti.

    “Quella di distribuire fiori in città è un’iniziativa lodevole dei produttori locali. Del resto questi fiori avevano un solo destino alternativo: essere eliminati”. Quanti fiori, al momento, seguono quest’ultimo destino? “Circa l’80 % dei fiori viene eliminato, dai frigoriferi i fiori vengono messi nei container, pesati e smaltiti”. Era il periodo dell’anno peggiore in cui potesse capitare questa crisi? “Sì, perché qui a Pescia c’è una floricoltura che fiorisce dal metà febbraio fino a maggio/giugno. Diciamo che se il mercato dei fiori è un bersaglio, come tempismo questa epidemia ha colpito il centro”. Si continua a vendere qualcosa o davvero è tutto fermo? “Io ho dovuto chiudere tutto, del resto hanno chiuso tutti i grandi mercati. Si vende ancora qualcosa ma i trasposti sono complicati, serve non mollare del tutto quasi più per un fatto simbolico. L’altro giorno un commerciante ha usato un esempio calzante: quando i tubi ghiacciano d’inverno si lascia un po’ aperto perché quel rivolo d’acqua che scende impedisca ai tubi di gelare. Ecco, quei pochi fiori che riusciamo ancora a vendere sono quel rivolo d’acqua. Servono a tenere viva la strada”.

    Qual è la situazione dei produttori? “Drammatica. Non esistono più comunioni, cresime, matrimoni e neppure funerali, perché si celebrano senza parenti, senza fiori. Ogni settore ha le sue difficoltà, certo, ma i fiori recisi li devi eliminare e basta. E il guaio è che molti produttori probabilmente non riapriranno, sono persone avanti con l’età, faticano ad arrivare le piantine nuove, è difficile anche programmare la nuova produzione, il futuro”. Lei come se lo immagina il futuro? “Vede, quello dei fiori è un mondo che ha risentito tanto della globalizzazione. Spesso non è riuscito più ad essere competitivo con il mercato dei fiori che arrivano dal Sud America o dall’Africa. Chissà che dopo tutto questo non nascano opportunità positive per le realtà locali. L’Olanda, per dire, ha approfittato della nostra situazione, quando ci sono stati dei problemi alla frontiera ha rimandato indietro le nostre piante da vivaio e altro perché venivano dall’Italia. La cosa drammatica oggi è che perfino una guerra sai che una mattina ti scegli e può essere finita improvvisamente con una pace, qui no. Non sappiamo quando tutto questo finirà”.

    Il governo vi sta aiutando in qualche modo? “L’Italia è il paese dei campanili, qui ognuno dice “io ho i fiori più belli” o il campanile più alto. In questa situazione drammatica siamo riusciti a unire in una petizione per la prima volta il mercato dei fiori da Vittoria in Sicilia a Sanremo perché il presidente del consiglio, il ministro dell’economia e dell’agricoltura pensino anche a noi. I fiori ci accompagnano tutta la vita, da quando nasciamo-perché si regalano alle mamme che partoriscono- a quando salutiamo chi abbiamo amato, perché accompagnano l’ultimo saluto. Sono un bene effimero, è vero, ma il mondo che c’è dietro ai fiori è enorme e in terribile difficoltà. Non va abbandonato. Questo è un paese in cui si parla tanto di cibo, troppo poco di fiori. Facciamolo di più, quando questo dramma sarà passato”.

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