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    Fase 2, aumentano i prezzi di bar, parrucchieri e alimentari. A Milano fino a 2 euro per un caffè

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 19 Mag. 2020 alle 12:02 Aggiornato il 19 Mag. 2020 alle 12:04

    Fase 2, aumentano i prezzi di bar, parrucchieri e alimentari

    Dopo un’attesa durata oltre due mesi, lunedì 18 maggio molte attività commerciali hanno potuto riaprire i battenti e accogliere i clienti. Bar, ristoranti e parrucchieri hanno finalmente riaperto al pubblico, con le cautele previste in tempo di Coronavirus. Le regole da rispettare sono molto, a partire dalle costose sanificazioni che tutti i negozi hanno dovuto effettuare prima di poter riaprire. Poi c’è il distanziamento da mantenere, i dispositivi di protezione individuale da indossare (e far indossare) e le pulizie da eseguire prima e dopo il passaggio di ogni cliente. Con le difficoltà del caso dunque, i commercianti stanno lentamente facendo approdo a una nuova normalità.

    Ma anche i clienti devono abituarsi a un nuovo tipo di consumo e le preoccupazioni su possibili rincari sui prezzi finali dei beni e dei servizi si fanno consistenti. Alla riapertura degli esercizi commerciali, in molti casi c’è stata l’amara sorpresa di un ritocco al rialzo dei prezzi per un caffè o per un cappuccino. Lo denuncia il Codacons che ha ricevuto segnalazioni da parte dei consumatori di rincari dei listini. Al momento si tratta di casi isolati, rimarca l’associazione, con il caffè che, ad esempio, in alcuni locali, sarebbe passato da 0,90 euro a 1 euro, o il cappuccino, da 1,20 a 1,40 euro.

    A Milano, un caffè in centro è arrivato a costare 2 euro a tazzina, mentre a Vicenza 50 baristi si sono accordati per alzare il prezzo della tazzina, portando un caffè a 1,30 euro e il cappuccino a 1,80, riporta il Corriere. A Firenze e Roma un caffè al bancone può costare rispettivamente 1,70 e 1,50 euro. Rincari giustificati dalle misure igieniche e di distanziamento e che costringono gli esercenti a rincarare la dose sulle consumazioni al tavolo. Molti si giustificano col fatto che il rispetto delle norme igienico sanitarie hanno imposto costi imprevisti che naturalmente vengono scaricati sulla clientela finale. Altri esercenti non hanno cambiato nulla rispetto al tariffario di prima del Coronavirus sostenendo che il servizio al tavolo è spesso maggiorato e non potendo effettuare servizio al banco per evitare assembramenti, il caffè o il cappuccino servito al tavolo, magari con vista su una piazza, costa di più.

    Rincari vengono segnalati anche per i parrucchieri, con costi più alti per tagli, messe in piega, ecc. in alcuni locali. Vero che gli esercenti devono sopportare maggiori spese, ma è altrettanto vero che i consumatori hanno oggi meno soldi in tasca da spendere rispetto a tre mesi fa. no. A Roma, il lunedì eccezionale che ha visto parrucchieri e barbieri aperti nel tradizionale giorno di riposo ha visto un ritocco nei listini di alcuni saloni. L’agenzia Agi, per esempio, cita quello di piazza Navona, il Salone Sant’Agnese, il cui titolare conferma che ora ci sono “nuovi costi che prima non avevamo come asciugamani monouso, igienizzanti, mascherine, guanti, grembiuli usa e getta. Decideremo se inserire una voce ad hoc nel conto, ma si tratta di pochi euro”.

    Ma il rincaro non riguarda solo bar e parrucchieri. Qualche giorno fa, un aggiornamento pubblicato dall’Istat, illustrava il rincaro di frutta e verdura durante l’emergenza Coronavirus. I prezzi dei beni alimentari, certifica il termometro ufficiale dell’Istituto di Statistica, sono cresciuti del 2,8% ad aprile, molto più di un’inflazione rimasta ferma al palo. Come spiega Ettore Livini su Repubblica, “il costo delle arance è cresciuto del 24% nel primo mese di lockdown e per l’aumento del 30% dei costi logistici. Il prosciutto cotto è balzato del 13% (dati Ismea) perché nessuno ha più voglia di accalcarsi ai banchi dei salumi e compra la busta pre-affettata, che è più cara. Il boom della domanda ha mandato alle stelle il prezzo dell’alcol, mentre il costo di cavolfiori (+93%), broccoli, carote e cipolle è stato trainato all’insù dalla richiesta di verdura non deperibile”.

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