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    Covid, l’immunologo Forni: “Il vaccino Pfizer provoca reazioni forti nel 50% dei casi. Occorre preparare la popolazione ed evitare paure inutili”

    Credit: Ansa
    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 18 Dic. 2020 alle 14:49 Aggiornato il 18 Dic. 2020 alle 15:30

    Covid, l’immunologo Forni: “Il vaccino Pfizer induce reazioni più forti”

    “Il vaccino Pfizer induce reazioni più forti dei vaccini soliti”: lo dichiara l’immunologo Guido Forni parlando del siero anti-Covid prodotto dall’azienda statunitense in collaborazione con la società tedesca BioNTech.

    Intervistato da La Stampa, l’esperto sottolinea che “è importante raccontare questi dettagli per preparare la popolazione ed evitare paure inutili”.

    Secondo Forni, infatti, il vaccino Pfizer “è molto reattogenico, cioè induce reazioni più forti dei vaccini soliti: la metà delle persone, in particolare giovani, prova mal di testa, febbre e brividi, che però si risolvono in 24 ore”.

    “Siamo abituati a vaccini iperstudiati come l’antinfluenzale, che non dà nessun fastidio” aggiunge l’immunologo sottolineando che in questo caso è meglio “sapere che per il giorno dopo non vanno presi impegni importanti”.

    Forni comunque specifica che il vaccino dà solamente “disturbi leggeri e passeggeri, che indicano che il vaccino induce una reazione particolare” e afferma che il siero non dovrebbe dare problemi nel lungo periodo: “La reattogenicità dipende dal tipo di vaccino, che è fatto di nanoparticelle lipidiche che possono irritare”.

    Tuttavia, nel caso di persone allergiche le “reazioni possono essere più intense. Gli allergici in rari casi possono provare dei fastidi maggiori. Va detto che reazioni del genere si sviluppano entro pochi minuti e i luoghi di vaccinazione sono molto attrezzati per questo”.

    Potrebbe verificarsi una sorta di shock anafilattico con “abbassamento di pressione, uno svenimento, disturbi controllabili nella sede adatta e con alcuni farmaci”.

    Sulla condizioni di conservazione, Forni ricorda che il vaccino Pfizer “Va scongelato da meno 80 gradi e diluito, dunque richiede una certa manualità. Per questo si potrà fare solo negli ospedali e in luoghi dedicati, mentre vaccinare in posti meno medici aiuterebbe a rendere più gradevole il tutto”.

    La sua efficacia è del 95 per cento ma “bisognerà vedere quella reale e quanto durerà nel tempo. E poi come quasi tutti i vaccini va fatto in due dosi”. L’altro vaccino che dovrebbe arrivare subito dopo quello della Pfizer è quello realizzato da Moderna: “È efficace come Pfizer, ma si conserva a meno 30 gradi. Il problema è che l’Italia ne ha prenotate meno dosi di Pfizer, perché come tutta l’Europa ha puntato su AstraZeneca. Temo che Moderna verrà usato soprattutto dagli Usa”.

    Per quanto riguarda il siero di AstraZeneca, l’esperto dichiara che “ha fornito i report migliori di tutti, ma ora sembra efficace al 60 per cento. Meglio di niente, però gli americani sono migliori. Ci vorrà qualche mese per capire se AstraZeneca corregge il tiro”.

    Sugli altri vaccini in arrivo: “Johnson & Johnson potrebbe essere l’unico a funzionare con una dose sola. Sempre in Usa promette bene Novavax, che è in terza fase come il tedesco Cura vax, che funziona a temperatura di frigo normale ed è un’ulteriore speranza. In Canada Medicago cerca di produrre un vaccino dalle piante di tabacco, facile da fare ed estrarre, mentre Sanofi con Gsk è in ritardo perché inefficace sugli anziani”.

    Mentre sui vaccini russi e cinesi, l’immunologo afferma: “Sono in fase tre, ma sono già stati testati su militari e civili non seguendo una procedura corretta. Lo Sputnik russo è innovativo e potrebbe dare dei risultati. Così pure i quattro cinesi, ma i dati sono ancora parziali per essere sicuri”.

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