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    Coronavirus, Zangrillo: “La polmonite è solo la punta di un iceberg, non si muore solo per quello”

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 12 Apr. 2020 alle 14:21 Aggiornato il 12 Apr. 2020 alle 15:37

    Coronavirus, Zangrillo: “Coronavirus è solo la punta di un iceberg”

    Alberto Zangrillo, direttore delle Unità di anestesia e rianimazione generale e cardio-toraco-vascolare dell’ospedale San Raffaele di Milano, ha commentato in un’intervista ad Adnkronos le informazioni sulla cura del Coronavirus che girano sui social in questi giorni. Secondo alcuni, i farmaci anti aggreganti autorizzati di recente dall’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa), come l’enoxaparina, che si usa per la prevenzione delle trombosi, sarebbero in grado di sconfiggere del tutto il virus. Ma Zangrillo mette la comunità in allerta: “Le fake news che si rincorrono sul web, soprattuto quelle relative a considerazioni trionfalistiche sulla terapia sono pericolose”.

    “È scorretto quello che si legge sul web, e cioè che questi malati semplicemente muoiono di coagulazione intravascolare disseminata, piuttosto che di infarto, o altre cose. Il trattamento di Covid-19 rimane difficilissimo e non deve mai essere banalizzato”, osserva. “Quello che stiamo notando da tempo e che evidentemente verrà scritto presto, ma nel frattempo ci è utile per rendere sempre più efficace il trattamento, è che la polmonite è solo l’aspetto più evidente dei casi gravi che giungono in terapia intensiva. È una costante, non vi è malato che non ce l’abbia”, racconta, ma spiega che nel suo istituto, dopo aver eseguito alcune Tac “total body” a ogni singolo paziente, ci si rende conto che si verifica sempre “una tempesta infiammatoria, che ha come target non solo il polmone ma anche tutta un’altra serie di organi e apparati. Soprattutto l’endotelio, la parte interna dei vasi”.

    “Non è infatti da oggi che diciamo che non ci troviamo di fronte alla classica polmonite, ma a qualcosa di più complesso e differente, molto più sistemico”, ha continuato Zangrillo. “Sta emergendo che fin da oggi, ma soprattutto in futuro, dovremo individuare le persone che appartengono a categorie a rischio e quando manifestano i primi sintomi essere pronti a somministrare un’adeguata profilassi: probabilmente questa comprenderà anche farmaci antiaggreganti”, come l’enoxaparina, “oltre ai classici antivirali e antipiretici”. Ma questo non vuol dire che il farmaco sia risolutivo.

    L’Aifa il 7 aprile scorso ha dato il via libera all’uso della enoxaparina nelle terapie contro il Coronavirus, dopo la richiesta di Pierluigi Viale, direttore dell’unità operativa Malattie infettive dell’Ospedale Sant’Orsola-Malpighi di Bologna e Filippo Drago, a capo dell’unità operativa di Farmacologia clinica del policlinico di Catania. I due medici sono partiti dall’osservazione clinica che a causare la morte di molti pazienti siano fenomeni tromboembolici. Anche Pasquale Ferrante, direttore sanitario di un ospedale di Milano in prima linea nell’emergenza Coronavirus, l’Istituto clinico Città Studi (Iccs), ha incluso l’enoxaparina tra le armi a disposizione per la cura del virus, ma solo se usato ‘cum grano salis’. Senza che sia valutato come cura definitiva della malattia, per cui ci vorranno molti altri studi, verifiche, test clinici e ricerche.

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