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    “Mascherine in Lombardia? La Regione fa scappare le aziende serie e finisce per comprare dai truffatori”: la denuncia di un intermediario a TPI

    Credits: ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI

    Un trader che si occupa di favorire le transazioni commerciali tra enti e aziende, e ha lavorato con la società che effettua gli acquisti di mascherine per la Lombardia, denuncia a TPI le gestione caotica degli approvvigionamenti in Regione dall'inizio dell'epidemia

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 10 Apr. 2020 alle 17:40 Aggiornato il 11 Apr. 2020 alle 18:06

    Coronavirus, caos mascherine in Lombardia: la denuncia di un intermediario

    In Italia è caos mascherine: in Lombardia, dove la giunta regionale ha emanato un’ordinanza che impone a tutti i cittadini d’indossarla durante gli spostamenti, la consegna di 3 milioni di pezzi da parte della Regione ai comuni si è rivelata insufficiente. E le mascherine consegnate, prodotte da un’aziende lombarda specializzata in pannolini, sembrano inutilizzabili. A metà febbraio la Regione ha fatto un ordine di 4 milioni di euro da un’azienda che si è poi rivelata inesistente. E la lista degli errori commessi nell’approvvigionamento di dispositivi di protezione potrebbe continuare.

    Un intermediario commerciale che lavora da anni con gli enti pubblici per favorire il trading di prodotti, e ha interagito con la Regione Lombardia per effettuare ordini di mascherine, ha provato a spiegare a noi di TPI cosa è successo con l’acquisto di protezioni dall’inizio dell’epidemia per far fronte all’emergenza Coronavirus. Sottolineando che il problema non è la mancanza di dispositivi sul mercato, ma l’incapacità di stare alle regole di mercato: una situazione confusionaria che lo ha spinto a smettere di lavorare con l’Italia. “All’inizio hanno fatto a caso, hanno comprato da chiunque senza controllare. Hanno detto ‘compriamo tutto da tutti’, ma i primi ordini sono andati in fumo perché non sapevano con chi avevano a che fare. A quel punto sono entrati in gioco gli intermediari come noi. Io ho vissuto proprio questa fase di passaggio. A un certo punto hanno detto ‘mettiamo la burocrazia’, stabiliamo delle regole, perché si sono spaventati dopo i primi ordini andati in fumo”, racconta.

    La fonte, che preferisce rimanere anonima, si riferisce al periodo che inizia a metà febbraio, quando la Regione Lombardia ha bloccato tutti i singoli ordini di presidi medici inviati in precedenza dalle sue propaggini amministrative (Asst o ospedali), e ha centralizzato gli acquisti nell’Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti (Aria Spa). Una procedura che ha avuto come conseguenza un ritardo negli approvvigionamenti.

    “Queste società non hanno conoscenze in materia, prima acquistavano computer per la regione. Guardano il listino prezzi e scelgono il prodotto che costa meno, senza valutare gli altri criteri, come la qualità o la serietà dell’azienda. Al listino prezzi della Lombardia ci ho lavorato io: il primo ritardo è dipeso da questo, nessuna azienda seria poteva lavorare in quelle condizioni. Hanno iniziato a inserire la burocrazia, volevano dettare loro le leggi, chiedendo per esempio di dare solo un anticipo del 30 per cento al momento dell’ordine e il restante dopo la consegna. Ma chi vende mascherine, che in questo momento sono l’ossigeno, vuole che si paghi il 100 per 100 all’ordine. Tanto se non paga l’Italia ora hanno migliaia di ordini da tutto il mondo e non hanno bisogno di un compratore in più. Le aziende serie hanno iniziato a dirmi: non lavoriamo in Italia a meno che le regole non cambino. Chi fa trading serio non vuole lavorare con questo Paese”.

    “A Gallera e a Ferri (presidente di Aria Spa, ndr) ho detto che chi accetta le loro condizioni prende l’anticipo e scappa, perché qualsiasi azienda invece non l’accetterebbe. La società 3 M, la leader mondiale nel campo che produce le mascherine FFP più protettive, le 3M, accetta solo l’intero pagamento in anticipo o la lettera di credito. Se trovano gente che accetta offerte che vanno sotto il prezzo di mercato del 20 o del 30 per cento, vuol dire che li stanno truffando“.

    Meccanismo che spiegherebbe l’ordine di mascherine annullato dalla Regione Lombardia a inizio marzo perché inesistente. Come raccontato dall’inchiesta di Fabrizio Gatti su “L’Espresso”, il governatore lombardo Fontana aveva assicurato che entro il 27 febbraio sarebbe arrivato un ordine pari a 4 milioni di mascherine. Ma quei dispositivi non sono mai arrivati, secondo la versione ufficiale perché il “fornitore non è stato in grado di adempiere agli obblighi assunti”. Secondo Gatti le aziende scelte dal Pirellone non producevano più quel tipo di presidi medici. “L’azienda si era rivelata inesistente”, ha raccontato il consigliere regionale M5S Massimo De Rosa a Milano Today, circostanza ammessa poi anche dall’assessore regionale al Bilancio, Davide Caparini. “Si punta al prezzo al ribasso e alla quantità”, ha osservato il consigliere grillino. E quando è stato effettuato quell’ordine, racconta la nostra fonte, “c’erano già loro”. Ovvero la Aria Spa. Come spiega il settimanale, la domanda di acquisto in quel caso è stata inviata senza consultare i listini della prefettura, ad aziende che da tempo non fabbricano o importano più i prodotti richiesti.

    Ma adesso la Regione Lombardia punta alla produzione autoctona. “Hanno cambiato di nuovo strategia, vogliono riconvertire le fabbriche per garantire il fabbisogno regionale”, continua l’intermediario. Un fabbisogno di circa 9 milioni di mascherine al mese che l’assessore alla Protezione Civile, Pietro Foroni, si è detto pronto a coprire anche tramite produzione interna. Il 21 marzo la Regione ha lanciato un bando che domanda alle aziende disponibilità a fabbricare Dpi, in linea con le note tecniche concordate con l’Iss. Con la prima fabbrica, la Fippi di Rho, “in grado di produrre 250mila mascherine al giorno” e Confindustria Bergamo che ha annunciato di aver organizzato una filiera nella propria provincia, la più colpita dall’epidemia, che potrà produrre fino a 100.000 mascherine al giorno.

    La Fippi per adesso ha mostrato una produzione scadente: sull’utilità delle circa 3,3 milioni di mascherine cosiddette “chirurgiche”, distribuite due giorni fa ai comuni, cittadini e sindaci hanno già sollevato diversi dubbi. Mentre è sempre necessario l’approvvigionamento di dispositivi FFP, non solo per gli operatori degli ospedali, ma anche per medici di famiglia e guardie mediche che operano nei servizi territoriali, spesso dimenticati per dare precedenza agli ospedali. “Tutti gli altri governi, dall’America alla Spagna, si rivolgono alla 3M e comprano la mascherina più protettiva, la 3M95 1860, che può costare da 3 euro e 40 fino a 5 euro e 10: gli altri ne comprano all’infinito”, conclude la nostra fonte. “Ma in Italia è un mondo di follia”.

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