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    Beatrice, la bimba nata il giorno del picco. La madre: “Proteggiamo il nostro sogno dall’epidemia”

    È nata ieri alle 7.53, in una delle giornate più cupe della storia d'Italia martoriata dal Coronavirus. Pesa due chili e 630 grammi. La mamma, Katia Cortellezzi, ha toccato il cielo con un dito

    Di Franco Bagnasco
    Pubblicato il 26 Mar. 2020 alle 08:36 Aggiornato il 26 Mar. 2020 alle 08:39

    Beatrice, la bambina nata il giorno del picco

    Beatrice Zaffaroni sta bene, pesa due chili e 630 grammi, ed è nata a Milano ieri mattina alle 7.53. In una tra le giornate più cupe della storia di un’Italia martoriata dal picco, dicono gli esperti, delle morti e dei contagi da Covid-19. Tra una poppata e l’altra, mamma Katia Cortellezzi, che di mestiere si occupa di pubbliche relazioni, tocca il cielo con un dito. Una tra le poche cose serenamente toccabili in questo periodo, fra l’altro.

    Katia, ci racconta le sue ultime ore?
    «Bea avrebbe dovuto nascere il 16 aprile, ma avendo io una protesi all’anca avevamo già fissato un cesareo per l’8. L’altra notte però ha iniziato a scalciare poderosamente, così io e il mio fidanzato, che abitiamo lungo il Naviglio Pavese, abbiamo preso l’auto alle 4.30 e ci siamo fiondati all’ospedale San Giuseppe, a Milano, che si trova dietro il carcere di San Vittore.

    Una volta lì?
    Stava arrivando un’ambulanza a sirene spiegate, che in questi tempi di Coronavirus fa subito pensare male, e ci ha fatto rallentare il passo. Una volta dentro ho assecondato il personale, che è di rara gentilezza e sa mettere il paziente a proprio agio. Con il cesareo, Bea è nata.

    Era preoccupata?
    Beh, un po’ sì. È stato un travaglio complicato, in un periodo quantomeno difficile per tutti, in Italia. Nell’ospedale che io sappia c’è anche almeno un caso di Covid-19, proprio allo stesso piano neonatale, dove mi trovo.

    E il suo compagno?
    Può entrare, ma con mascherina e guanti. Brevemente, all’ora di pranzo. Non sono ammesse altre visite parentali se non dell’altro genitore. Mi sembra giusto così: ero terrorizzata all’idea di essere lasciata sola subito dopo il parto, visto che sento di limitazioni poste ovunque. Sto affrontando una cosa più grande di me, sono giuste tutte le cautele del caso, ma non voglio neppure scadere nelle ossessioni. Zia Dudu però è affranta.

    Perché?
    Mia sorella Cristina, è disperata perché non può ancora vederla. Le ha già comprato di tutto: vestitini da zero a nove mesi, un orsetto, una lampada e le ha fatto l’assegno a Natale. Non era ancora nata. È completamente invasata per la notizia.

    Voi genitori quanti anni avete?
    Io 42 e il mio compagno 46. Avevo già perso due bambini nel 2014; abbiamo deciso di riprovarci nel 2019 (Bea è stata concepita l’estate scorsa in Grecia), ma stavamo quasi per arrenderci all’idea di proseguire la nostra vita da soli. Non volevamo fare i genitori-nonni. Poi è arrivata la notizia, che prima abbiamo nascosto con tutte le cautele del caso. Anche se già da ottobre mi ero messa in smart working. E poi agli amici a Capodanno, il giorno del nostro anniversario, abbiamo comunicato che dopo i primi dieci anni in due, i successivi dieci avrebbero potuto trovarci in tre.

    Vi rendete conto del messaggio di speranza, fortemente simbolico che si porta appresso in questo momento una notizia così?
    Sì, pensi che ieri ho messo la foto del ditino di Bea su Facebook, e assieme ai 300 messaggi di congratulazioni ce n’erano tanti che alludevano a questo. Come se stessimo idealmente facendo un regalo non a noi, ma a tutti.

    Suo marito che lavoro fa?
    Sta in ufficio, è dirigente, a volte ci sono carte che deve proprio andare a firmare. Anche nelle scorse settimane, quando usciva, ero terrorizzata: lo pregavo di disinfettare tutto, di non incontrare nessuno, gli davo guanti e mascherina. Ma bisogna avere anche fortuna. Ci si isola il più possibile. Mia sorella vorrebbe che dormissimo anche in stanze separate. Intanto mia madre sarebbe pronta a eludere qualsiasi posto di blocco per venire a trovare la piccola. Ma è meglio rischiare il meno possibile.

    E l’idea di avere messo al mondo un figlio in questo momento? Il suo futuro, come lo vede?
    Molto probabilmente lo rifarei, anche se mi rendo conto che una percentuale di egoismo c’è. D’altra parte il mondo, Coronavirus a parte, è comunque sempre pieno di pericoli. In tanti ci hanno detto che ce lo meritavamo, questo sogno, E ora cercheremo in tutti i modi di difenderlo. Se dovrò stare chiusa in casa sei mesi, lo farò.

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