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    La protesta dei canapa shop davanti al Mise: “Salvini studi, questa pianta può risollevare l’economia italiana”

    Di Gabriele d'Angelo
    Pubblicato il 11 Giu. 2019 alle 17:07 Aggiornato il 11 Giu. 2019 alle 18:39

     

    Cannabis light protesta commercianti – Una sentenza della Cassazione tardiva e contestata. 30mila imprenditori a rischio bancarotta. Un giro d’affari da centinaia di milioni di euro. E una pianta “miracolosa”, il cui uso continua a far discutere. Eccoli qua i motivi del sit-in “La canapa ci unisce”, organizzato davanti al Ministero dello Sviluppo economico (Mise) dai lavoratori del settore cannabis light.

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    Domenico Bernardini è uno dei più anziani: “Quella della Cannabis light è una storia italiana”, spiega a TPI. “Smettiamo di criminalizzarla”. L’ideatore del primo museo italiano sulla Canapa ce l’ha col vicepremier leghista e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, reo di aver assestato un colpo quasi mortale a un business inventato proprio nel nostro paese, che stava crescendo a ritmi vertiginosi.

    Di fianco a lui c’è Carlo Monaco, fondatore del Canapa Caffè di Roma. Anche lui ha qualcosa da dire al ministro dell’Interno: “Questa pianta fa parte della nostra cultura. Se Salvini ci tiene tanto al popolo italiano studiasse un pochino. Capirebbe che questa pianta – se sfruttata a dovere – potrebbe risollevare interamente la nostra economia”.

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    Cannabis light protesta commercianti –  I numeri in effetti, erano quelli di un vero e proprio boom. Secondo alcune stime effettuate da Coldiretti, solo nel 2018 il fatturato di settore si aggirava attorno ai 150 milioni di euro, contro i 40 dell’anno precedente, con migliaia di esercizi sparsi in tutta Italia.

    D’altronde, spiega a TPI l’ex viceministro dell’economia Stefano Fassina quella dei cannabis shop è “la classica operazione di mercato ‘win win’: vincono gli imprenditori, vincono i consumatori, perdono solo il mercato nero e la criminalità organizzata. Sarebbe una sciagura porre fine a tutto questo”.

    Sullo sfondo, c’è poi il paradosso: “So che ci sono aziende che nel 2017 (anno della legge sulla canapa industriale ndr) hanno fatto richiesta di microcredito alla Cassa Depositi e prestiti per aprire i negozi, e si sono visti erogare questi fondi di garanzia”, spiega Ivan Coppola, titolare di canapa shop. “E oggi si ritrovano a rischio chiusura”. Tradotto: prima lo Stato ha finanziato queste imprese. E ora, salvo ulteriori colpi di scena, sarà lui stesso a farle chiudere.

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