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    Medico precario a TPI: “Ho 10 anni di esperienza, ma nonostante l’emergenza Covid per lo Stato non posso diventare medico di base”

    Foto di Engin Akyurt da Pixabay

    TPI ha raccolto una testimonianza diretta sul dramma dei "camici grigi": medici che non riescono a intraprendere un percorso di formazione post laurea a causa del cosidetto "imbuto formativo"

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 3 Mar. 2021 alle 15:45 Aggiornato il 3 Mar. 2021 alle 16:36

    “Il momento più mortificante è stato quando, al termine di una sostituzione di tre anni, il titolare che ho sostituito è andato in pensione e i suoi pazienti mi hanno supplicata di restare. Dopo tanto tempo, si era creato un rapporto di fiducia. Alcuni di loro sono venuti da me in lacrime. Ma non c’era niente che potessi fare. È stato devastante”. Loredana Guida è un medico di 40 anni con alle spalle dieci anni di esperienza lavorativa precaria. È uno dei cosidetti “camici grigi“: quei medici che non riescono a intraprendere un percorso di formazione post laurea a causa del cosidetto “imbuto formativo” e che si trovano quindi costretti a barcamenarsi tra incarichi di continuità assistenziale, sostituzioni mediche per medici di base e pediatri di libera scelta, guardie mediche, medicina penitenziaria e altri incarichi temporanei.

    Durante la pandemia, questi medici non specializzati – circa 15mila in tutta Italia – sono stati fondamentali per coprire i posti lasciati scoperti dai colleghi che si sono ammalati o rispondere ai bandi per inserire personale aggiuntivo, ad esempio quello utilizzato per i tracciamenti. Ma anche dopo mesi di sacrifici, questi medici si trovano nella stessa situazione di prima: senza sicurezze, costretti a passare da un incarico all’altro, come dimostra la storia di Riccardo Munda, il medico-eroe siciliano che per un anno ha sostituito un collega ammalato di Covid a Nembro (Bergamo), uno dei centri più colpiti dalla prima ondata, e che ora si trova senza lavoro.

    Anche Loredana Guida va avanti di sostituzione in sostituzione, lavorando nella Regione in cui ha studiato e in cui vive, l’Umbria, che si è trovata nelle ultime settimane a fronteggiare una nuova risalita di contagi. “Di fatto, svolgo le funzioni di un medico di base, anche se non posso esserlo ufficialmente perché non ho frequentato il corso di formazione specifica in medicina generale, che dura tre anni”, spiega Guida a TPI.

    L’accesso a questo corso, bandito su base regionale, è infatti previsto per un numero molto limitato di posti. Ogni Regione organizza il suo concorso, ma tutte lo tengono lo stesso giorno, per cui l’aspirante medico di famiglia può scegliere di concorrere solo in una Regione. Nonostante continui a tentare l’esame ogni anno, Guida finora non è riuscita a entrare. “Sono tante le persone che conosco e che continuano a provare e riprovare. Siamo veramente tanti”, racconta a TPI.

    Il percorso per diventare medici di medicina generale non è sempre stato così. Superare l’apposito corso triennale è infatti un requisito obbligatorio solo per i medici laureati dopo il 1994. Prima, i medici abilitati – anche se non specializzati – potevano rientrare nelle graduatorie per esercitare la medicina generale a tempo indeterminato. Da pochi anni esiste la possibilità di accedere ai corsi triennali senza borsa, cioè senza percepire alcun compenso, ma i posti, anche in questo caso, sono molto limitati.

    “Non è vero che in Italia non ci sono medici. I medici ci sono e ce ne sono tanti, solo che sono bloccati in questo imbuto formativo“, dice Guida. “A differenza di quanto continuano a ripetere politici e sindacati, penso che la soluzione non sia aumentare le borse per i concorso o incentivare le iscrizioni dei medici neolaureati al corso di medicina generale. Penso che è ora che inizino a tenerci in considerazione, magari prevedendo un canale alternativo di accesso a una graduatoria per i medici che hanno ormai diversi di anni d’esperienza alle spalle”.

    “Ormai faccio questo lavoro da anni, ho una famiglia, un mutuo sulle spalle”, conclude Guida, “Dopo tanti anni di studio e di sacrificio sia da parte mia, sia da parte della mia famiglia e ora anche da parte di mio marito, pensavo che sarei arrivata ad avere qualche certezza in più. Sinceramente sono stanca di questa situazione di precarietà”.

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