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Home » Ambiente

Earthship, la casa fatta di rifiuti e materiali ecosostenibili

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Un modello di edilizia circolare che nell’ultimo decennio ha conosciuto un boom in termini di popolarità. Risponde ai bisogni umani essenziali quali acqua pulita, cibo sano, efficienza energetica, gestione dei rifiuti, trattamento delle acque reflue in modo ecosostenibile

Articolo pubblicato da Stradenuove.net

Nave di terra”, meglio nota con il termine inglese earthship. È questo il nome scelto dall’architetto statunitense Michael Reynolds per un nuovo modello di bioarchitettura sostenibile nato a Taos (Nuovo Messico) e basato sull’utilizzo di materiali riciclati e sull’autonomia energetica prodotta da fonti rinnovabili.

Mentre in Italia si punta sulle “ristrutturazioni verdi” con agevolazioni quali il “bonus casa”, finanziato in gran parte dai fondi europei del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), in Europa (e nel mondo) si  sperimenta la bioedilizia circolare. Ossia riutilizzo e riciclo delle materie di scarto più varie: pneumatici riempiti di terra per i muri portanti, bottiglie e lattine combinate con dei “mattoni alternativi” fatti con un impasto di sabbia, terra, acqua e paglia per le pareti divisorie. A cui si aggiungono tecniche di costruzione speciali e sistemi di riscaldamento e raffreddamento indipendenti dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico ed energetico.

Un caso esemplare è quello della Spagna, dove è stato realizzato il primo esemplare di earthship del Vecchio Continente. È nel sud del paese iberico che nel giugno 2020 Laura and Dave hanno finalizzato la costruzione della propria eco-abitazione, realizzata prevalentemente con rifiuti.

Tutto è cominciato nel 2002 quando la coppia inglese ha deciso di ristrutturare una casa rurale tradizionale secondo criteri ecosostenibili puntando su materiali e tecniche rispettosi dell’ambiente. Ed è proprio durante le loro ricerche che hanno scoperto Earthships, un progetto allora poco conosciuto fuori dagli USA. Scartando l’idea di attraversare l’oceano per visitare un esemplare autentico i due hanno optato per costruirne uno in Spagna. Senza porsi scadenze precise, dedicando in media un giorno alla settimana si sono concessi tutto il tempo necessario per raccogliere, analizzare e comparare informazioni su prodotti, metodologie eco-sostenibili, caratteristiche climatiche e geologiche locali e per confrontarsi con altri “pionieri” su blog e social media. Ed ecco che in sette anni il progetto è stato realizzato.

La costruzione è stata pensata nei minimi dettagli: la struttura di base è in legno, ricoperta con cartapesta e intorno alla base presenta uno spesso strato fatto con una miscela di fango, trucioli di sughero, a scopo isolante. Il rivestimento in cima è stato realizzato con trucioli di sughero infilati in lunghi sacchi ricavati da vecchie tende, con l’aggiunta di uno strato di cartapesta e cemento resistente alle intemperie.

I muri portanti sono costruiti con pneumatici di vecchie auto e terra e i buchi riempiti con fango e lattine vuote. Quest’ultime così come i resti di bottiglie, di contenitori di marmellata e simili vengono utilizzate per la costruzione dei muri non portanti. La camera da letto è sormontata da una cupola geodetica che ricorda l’architettura moresca tipica di questa zona e che richiama un concetto di sostenibilità estetica oltre che funzionale.

Durante i sette anni di realizzazione il progetto è rimasto aperto allo scambio con volontari e visitatori che hanno collaborato a questa esperienza proponendo suggerimenti e traendo utili insegnamenti, oltre che ispirazione per simili iniziative in altre aree.

Al di là degli indubbi vantaggi ambientali e della sua attrattività è lecito chiedersi se questo modello sia realizzabile e quali siano i principali ostacoli. In Italia, ad esempio, dove non esiste alcun esempio di Earthship, quali sono le sfide che pone?

Le principali sono sul fronte normativo, riguardo la gestione della sicurezza e quella ambientale. Quanto alla prima non si può omettere che per costruire una casa nel nostro paese vanno rispettati specifici requisiti normativi di natura ingegneristica, architettonica e impiantistica. In assenza di una legislazione specifica sulla gestione della sicurezza e prevenzione degli incendi in materia di autocostruzione, il testo di riferimento è il D. Lgs 2008 n. 81 , ossia il Testo unico in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro. Per quanto riguarda la pericolosità degli pneumatici fuori uso (PFU) è da escludere; seppure si consideri lo pneumatico pericoloso in quanto altamente infiammabile, lo è solo quando viene a contatto diretto con l’ossigeno. Non è il caso delle earthships, dove una parete fatta con pneumatici e completamente riempita di terra impedisce il contatto dell’ossigeno con la struttura dei copertoni. Ciò vuol dire che se adeguatamente isolati dal terreno e dotati di una certificazione di idoneità tecnica, i pneumatici potrebbero essere impiegati in modo sicuro e senza rischi come materiale da costruzione.

Allo stato attuale tuttavia non è possibile, tenuto conto delle indicazioni del D.M. del 2008 relativo alle Norme Tecniche sulle Costruzioni (NTC). Quest’ultimo prescrive che qualsiasi progetto abbia l’intera struttura portante con sistema a telaio in legno e fondazione in calcestruzzo armato gettato in opera. Lo pneumatico, su cui si fonda il modello tradizionale di Earthship, resta escluso dai materiali da costruzione per impiego strutturale.

Dal punto di vista ambientale, invece, la disciplina è da rinvenire nel D.Lgs 152/2006, il Testo Unico Ambientale (aggiornato dal D.L. 22/2021). Seppure gli pneumatici, utilizzati sia come pareti principali che come base per l’ambiente serra antistante non rilascino materiali inquinanti, così come le bottiglie di vetro e le lattine in alluminio, non possono esser considerati come materiali da costruzione. Il Codice ambientale indica chiaramente che: “il rifiuto cessa di esser tale quando è sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici” […], tuttavia manca il decreto attuativo del Ministero dell’ambiente che superi il generico riferimento al comune utilizzo per scopi specifici, esistenza di un mercato, al rispetto della normativa tecnica di settore e alla mancanza di impatto complessivo negativo sull’ambiente e sulla salute. Quindi, in assenza di specifiche indicazioni, tali materiali di scarto restano nella categoria dei rifiuti.

Realizzare una Earthship in Italia è al momento impossibile: oltre ai limiti riportati sopra, occorre tener conto dei diversi regolamenti variabili da comune a comune e da regione a regione che vincolano il concetto di abitabilità alla dipendenza dalla rete, impedendo la realizzazione di progetti di autonomia energetica integrale (cosiddetti offgrid).

In attesa che gli studi in corso convincano le autorità competenti a rilasciare i permessi necessari a favorire la nascita di Earthship sul territorio nazionale, quanti sono interessati ad avere informazioni su questo nuovo concetto di eco-abitazione possono visitare il sito di OffgridItalia, associazione culturale che ha l’obiettivo di promuovere uno stile di vita a basso impatto ambientale. Lì potranno ancora ragguagliarsi sui percorsi di formazione in materia che includono interessanti attività, anche volontarie, a sostegno di progetti umanitari. Chi invece volesse contribuire alla realizzazione della prima Earthship in Italia è disponibile il gruppo Facebook Earthships Italy dove poter scambiarsi idee, competenze e suggerimenti.

L’idea di poter vivere in armonia con la natura, riducendo l’impronta ambientale e dando spazio alla creatività certamente è attraente. Per il momento è ancora utopia, ma chissà che nel futuro l’alleanza di creatività e competenze tecniche non portino alla realizzazione di un’edilizia alternativa a quella convenzionale, compatibile con l’ambiente e al tempo stesso sicura.

Leggi l’articolo originale su Stradenuove.net
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