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Massimo Giletti e la sua sindrome dell’abbandono

Massimo Giletti. Credit: ANSA/FABIO FRUSTACI
Di Franco Bagnasco
Pubblicato il 24 Set. 2020 alle 20:01 Aggiornato il 24 Set. 2020 alle 20:18

Sotto scorta e con piglio grave, Massimo Giletti ha presentato oggi a Roma la nuova edizione de «Non è L’Arena», che torna su La7 da domenica 27 settembre alle 20.30. Torinese, 58 anni, equidistante ma spesso anche equivicino a tanti potenti (rimarchevoli la scorsa stagione alcuni dolcissimi botta e risposta in studio con Matteo Salvini), Giletti è scortato suppergiù da metà luglio, quando, in un’intercettazione telefonica carpitagli in carcere, il boss Filippo Graviano si era risentito perché il giornalista, in una puntata del suo programma, aveva fatto i nomi di alcuni dei mafiosi del famoso elenco dei 300 usciti dalle prigioni causa emergenza Coronavirus.

Un’esternazione da condannare subito senza se e senza ma, come aveva immediatamente fatto il ministro della Giustizia, Antonio Bonafede. La notizia è anche uscita su una pletora di siti e giornali, ma evidentemente con non sufficiente clamore per Giletti, che da quel momento (e lo fa tutt’ora) ha iniziato a proclamarsi solo e scontento. Oddio, soli a voler ben guardare a questo mondo lo siamo un po’ tutti, ma secondo l’anchor-man lanciato da Giovanni Minoli e portato al successo da «I fatti vostri» sarebbe mancata la solidarietà forte e massiccia della categoria. Quel muro di indignazione che la vicenda avrebbe reso necessaria. Una categoria che non è riuscita a essere unita una sola volta nella vita, avrebbe dovuto fare quadrato condannando in ogni modo, forse anche con striscioni e cortei, la frase del boss su Giletti.

Che ora aggiunge amareggiato: “Sono un po’ dispiaciuto della solitudine in un cui mi sono trovato. In che paese stiamo vivendo? Non voglio più alimentare polemiche ma è incredibile che io devo scoprire le minacce di un boss in quel modo. Questo silenzio pesa. E la solitudine pesa moltissimo. Anche non avere un messaggio da persone che pensavo mi fossero vicine. Qui non c’entra Giletti, qui c’entra il paese. Noi abbiamo scoperchiato qualcosa che non andava scoperchiato. Questa è una battaglia civile. Questa è la dimostrazione che la tv serve. Sono stato lasciato solo in questa battaglia. Quando sei isolato, diventi pericolosamente un obiettivo. Questa è l’unica amarezza che ho … Non dirò le persone che non mi hanno chiamato. Sono molto zen ma è una ferita enorme. Almeno un sms… Ma ognuno risponde a se stesso. Le persone che devono sapere, sanno. Ho ricevuto la solidarietà di alcuni colleghi, certo… La solitudine è un valore, devo ragionare da questo punto di vista”. Insomma, Giletti nel mirino più di Falcone e Borsellino?

Non è noto a molti (perché di solito si preferisce non parlarne troppo), ma sono tante le personalità pubbliche ad avere una scorta. Ne cito un paio: una strafamosa, l’altra un po’ meno ma entrambi giornalisti: Maurizio Costanzo, da quando anni fa fu oggetto addirittura di un fallito attentato dinamitardo; e la napoletana Rosaria Capacchione, senatrice del Partito Democratico nonché autrice del libro «L’oro della camorra». Entrambi delle proprie scorte parlano poco o niente.

Si obietterà: in fondo Giletti ha letto soltanto alcuni nomi di un elenco pubblico di gente che era già sotto arresto. Ma lui non ci sta e ribatte sicuro: “È più facile attaccare chi rompe le palle. Siamo stati colpiti perché abbiamo toccato tutta una serie di connessioni, non semplicemente i mafiosi che ritornano a casa”. Tema sul quale tornerà nel corso della prima puntata. Assieme al caso di Mirko Scarcella, il guru di Instagram smascherato da «Le Iene».

E poi rintuzza chi l’ha visto fotografato sui settimanali con il suo scomodo feticcio: “Se il problema è come mettere il giubbotto antiproiettile in estate, con 35 gradi… Cosa devo mettere? Una giacca con 35 gradi? Dobbiamo perdere tempo su questo?”. Domenica, al debutto, Giletti avrà ospite anche Flavio Briatore che farà parlare «per la prima volta» dopo il Covid. Per la prima volta dopo alcuni video che Mr. Billionaire ha fatto sui suoi social, per essere precisi.

Ma il capolavoro è sotto finale, in un corto circuito contraddittorio stupendo, che sfugge perché invertito nella formulazione delle domande. L’ultima è una dichiarazione del giornalista: “Sto pensando di virare su altro perché c’è tanta politica e la politica sta stressando il pubblico. È giusto pensare ad altro”. E pensare che pochi minuti prima gli avevano chiesto invece se pensasse di entrare personalmente in politica. Risposta: “Un mio impegno politico? In futuro, non escludo nulla. Sarei disonesto nel dire di no. Fino al 30 giugno 2021, sono a La7 e le mie energie sono per La7”. La politica in effetti è insidiosa: stanca il pubblico, ma sembra piacere ai conduttori.

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