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Migranti, donna incinta rischia aborto: “Sono bloccata su questa nave senza cibo, i paesi europei ci salvino”

Una donna, al sesto mese di gravidanza, lancia un appello video per chiedere aiuto dalla nave Sarost 5 sulla quale è bloccata da oltre una settimana. Ora rischia l'aborto

Di Lara Tomasetta
Pubblicato il 24 Lug. 2018 alle 11:30 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 08:29

“Prego gli stati europei perché abbiamo bisogno di aiuto, ho lasciato il mio paese perché le cose lì sono molto difficili, per questo mi sono imbarcata in questo viaggio, in Libia sono stata incarcerata ma sono riuscita a scappare e a fuggire insieme ad altre 40 persone. Sono incinta ho bisogno del vostro aiuto”.

A parlare è una donna al sesto mese di gravidanza originaria del Senegal che ai rappresentanti della Ong Watch the Med lancia il suo appello con una richiesta di aiuto.

Il 25 luglio, un membro del comitato regionale Me’dedine della Mezzaluna rossa tunisina, Mongi Slim, ha riportato ad Agli che la donna ora rischia l’aborto.

“Abbiamo chiesto il permesso di evacuare, ma le autorità non rispondono. I ginecologi dicono che non possono fare nulla al di là del controllo dello stato di salute, ma hanno bisogno di fare ecografie e altri test”, ha spiegato Mongi Slim.

La donna è insieme ad altri 39 migranti, tra cui tra cui un uomo ferito, soccorsi domenica 15 luglio nella zona Sar delle acque maltesi dalla nave battente bandiera tunisina Sorost 5, un’imbarcazione di rifornimento gestita dalla compagnia di gas tunisina Miskar.

T-shirt blu, sciarpa colorata, sembra esausta mentre parla alla telecamera. Imprigionata in Libia, è riuscita a fuggire e a imbarcarsi per l’Europa con altre quaranta persone. Un viaggio interrotto, poiché la loro imbarcazione è andata alla deriva prima di essere segnalata nelle acque di soccorso maltesi e poi salvata dalla nave tunisina Sarost 5. 

L’equipaggio di Miskar ha aiutato la barca in pericolo e ha trasferito i migranti a bordo di Sarost 5. I migranti avevano lasciato la Libia mercoledì 11 luglio, nel tentativo di raggiungere l’Europa a bordo di una barca di legno.

Dopo cinque giorni di navigazione senza mangiare o bere, il motore della piccola nave si è rotto, portando i migranti alla deriva in mare aperto fino a quando non hanno iniziato ad avvicinarsi a una piattaforma del gas al largo della costa tunisina.

I migranti salvati provengono da Mali, Nigeria, Bangladesh, Libia ed Egitto. Tra loro ci sono otto donne e tre bambini.

I membri dell’equipaggio inizialmente hanno ricevuto conferma dalle autorità tunisine di attraccare nel porto di Sfax – ma la decisione è stata revocata poco dopo. La nave ha quindi tentato di entrare nel porto di Zarzis domenica sera senza essere autorizzata, ma non ci è riuscita. 

Da allora, la nave è bloccata in mare a poche miglia nautiche dalla costa tunisina.

Oltre alla Tunisia, anche Malta e Italia hanno  ribadito che non avrebbero aperto i porti. 

“Non ho lasciato il mio paese per niente. In Casamance, una regione del Senegal meridionale, c’è la guerra, la ribellione. Hanno ucciso i miei genitori davanti ai miei occhi. I miei quattro fratelli sono rimasti lì. Nella mia famiglia, siamo sei persone e io sono l’unica che è scappata e non posso vivere da sola nel mio paese”, racconta ancora la donna.

Mentre la situazione a bordo di Sarost diventa insostenibile: il cibo scarseggia, i rifornimenti sono pochi e i migranti vengono sfamati a pane e latte.

Anche le condizioni sanitarie sono precarie.

Né la nave che trasporta i 40 migranti – che non è una nave umanitaria di soccorso – né i membri dell’equipaggio a bordo sembrano equipaggiati per affrontare questo tipo di sfida. Dal salvataggio della scorsa settimana, i membri dell’equipaggio hanno dovuto condividere i pasti con i migranti a bordo. 

Karim, uno dei membri dell’equipaggio di Sarost 5 contattati da InfoMigrants, i primi a ricevere la richiesta di aiuto, ha dichiarato:

“Abbiamo un uomo ferito e una donna che è incinta al sesto mese tra noi, siamo bloccati in questa situazione e dobbiamo stare in mare aperto con loro fino a quando non viene trovata una soluzione. Stiamo finendo il cibo”.

“Siamo abbandonati a noi stessi. Mangiamo a malapena, perché non c’è più cibo”, ha aggiunto Samuel. “Mangiamo un pezzo di pane e un uovo al giorno, dormiamo sul pavimento, non abbiamo prodotti per lavarci, né sapone, né spazzolini da denti, i membri dell’equipaggio fanno di tutto per aiutarci, ma sono anche esausti”.

Martedì 17 luglio, medici e infermieri della Croce Rossa tunisina sono andati a bordo della nave per esaminare la salute dei migranti, ma è stato un controllo rapido che non ha fornito molto aiuto.

La drammaticità della situazione ci viene confermata anche da WatchTheMed. 

Nel frattempo, l’equipaggio della “Caroline III”, che si trova nelle vicinanze, ha portato pacchi d’acqua e pane.

Finché nessun paese apre i suoi porti alla barca, i migranti e membri dell’equipaggio possono solo sedersi e aspettare.

“Preghiamo che qualcuno venga ad aiutarci”, scrive Samuel.

La paura di essere visti come “rifugio sicuro”

Il Forum tunisino per i diritti economici e sociali (FTDES), un’organizzazione di aiuto ai migranti tunisina, ha confermato le informazioni fornite a InfoMigrants. “La Tunisia si rifiuta di accogliere questi migranti in mare perché non vuole essere vista come un ‘porto sicuro’ dagli Stati europei”, ha detto un dipendente di FTDES a InfoMigrants.

Da quando l’Italia ha iniziato a chiudere i suoi porti per le navi che prestano soccorso umanitario (le Ong), altri paesi del Mediterraneo temono che diventeranno una zona di atterraggio e si troveranno ad affrontare un massiccio afflusso di migranti.

Ci sarebbero trattative in corso con la Spagna per soccorrere i migranti, ma le notizie sono ancora frammentate. Anche la Ong Open Arms, in questo momento in navigazione nel Mediterraneo, potrebbe essere coinvolta nel salvataggio.

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