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    Giurista a TPI: “I giudici assolvono Salvini sulle Ong, ma sbagliano le norme di riferimento”

    Perché la sentenza di archiviazione di Salvini è errata: i giudici hanno sbagliato le norme di riferimento sulle Ong

    Di Charlotte Matteini
    Pubblicato il 27 Nov. 2019 alle 21:20

     Salvini scagionato sulle Ong: perché la sentenza ha un errore di fondo

    Sta facendo molto discutere la sentenza del Tribunale dei Ministri di Roma che ha deciso di archiviare le accuse di omissione di atti d’ufficio e abuso d’ufficio nei confronti dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini e del capo di Gabinetto Matteo Piantedosi per aver impedito, nell’aprile scorso, lo sbarco dei 65 migranti salvati dalla Alan Kurdi dell’Ong Sea Eye.

    “Volendo seguire alla lettera le indicazioni che si possono ricavare da Convenzioni e accordi, lo Stato di primo contatto non può che identificarsi in quello della nave che ha provveduto al salvataggio; dunque se un’imbarcazione che ha raccolto i naufraghi batte bandiera tedesca, è alla Germania che deve rivolgersi per ottenere l’approdo”, si legge nell’articolo del Corriere della Sera che per primo ha riportato la notizia.

    Ma le cose stanno davvero così? La sentenza di archiviazione è giusta e quanto deciso dai giudici del Tribunale dei Ministri di Roma è realmente confacente a una corretta interpretazione del diritto internazionale? Secondo molti esperti della materia, la risposta è no. Alla base del procedimento di archiviazione, infatti, ci sarebbero una serie di gravi errori di interpretazione delle norme che regolano il diritto internazionale, in particolare della Convenzione di Amburgo.

    TPI ha chiesto a Matteo Villa, ricercatore all’Istituto per gli studi di politica internazionale, che per primo si è accorto degli errori contenuti nelle motivazioni dei giudici, di commentare la sentenza: “L’archiviazione non dice che i migranti salvati dalle Ong devono essere sbarcati nei porti degli Stati di cui battono bandiera, questa cosa non c’è scritta nemmeno nel testo ma è frutto di un’errata titolazione dell’articolo del Corriere. Il problema, però, non è solo questo, perché al di là del titolo sbagliato, è proprio la sentenza stessa a contenere errori, errori riguardanti l’interpretazione delle norme internazionali”.

    “I giudici hanno preso a modello il trattato giusto – continua il giurista – la convenzione di Amburgo, ma hanno citato la norma di diritto internazionale sbagliata e l’hanno sovrainterpretata. Io non ho mai visto un errore del genere, sembra che i giudici che hanno redatto questa sentenza di archiviazione non conoscano il diritto internazionale”.

    “I giudici citano nelle motivazioni l’articolo 3.1.3 della Convenzione di Amburgo scrivendo che ‘le autorità di uno Stato costiero competente sulla zona di intervento che abbiano avuto notizia dalle autorità di un altro Stato della presenza di una persona in pericolo di vita nella zona di mare Sar di propria competenza devono intervenire immediatamente senza tener conto della nazionalità della condizione giuridica di dette persone'”.

    Questa interpretazione degli articoli della Convenzione di Amburgo è fuorviante e sbagliata perché nella sentenza citano norme che parlano di un eventuale Stato terzo che chiede di entrare nel mare territoriale di un altro Stato, o addirittura nel territorio, per soccorrere una persona in pericolo. Non c’entra niente con la questione della zona Sar, che è molto più estesa del mare territoriale citato nell’articolo e su cui non si esercita sovranità. L’articolo citato, il 3.1.3, serve a coordinarsi nel caso di possibili infrazioni di sovranità, perché nel mare territoriale uno Stato esercita la propria sovranità, ma non c’entra niente con le operazioni nella Zona di Ricerca e Soccorso né con l’assegnazione di un porto sicuro”, prosegue Villa.

    “Per giustificare la loro interpretazione, i giudici procedono poi scrivendo che ‘l’autorità competente, così investita della questione, deve accusare immediatamente ricevuta dallo Stato di primo contatto, appena possibile, se sussistano le condizioni per effettuare l’intervento (3.1.4) Sarà lo Stato che ha avuto il primo contatto con le persone in pericolo in mare a coordinare le operazioni di salvataggio, tanto nel caso in cui l’autorità competente Sar dia risposta negativa alla possibilità di intervenire in tempi utili, quanto in assenza di riscontro da parte di quest’ultima”.

    Qual è il problema? Il problema è che la Convenzione di Amburgo non dice questo e i giudici citano uno ‘stato di primo contatto’ che invece nella Convenzione non viene nominato.

    A livello tecnico c’è un enorme errore di interpretazione delle norme nelle motivazioni di questa archiviazione, che si basa su principi completamente inventati. In più, non c’è alcun incentivo a opporsi a questo tipo di provvedimento, un’archiviazione richiesta dalla procura e che non porterà mai la stessa procura a opporvisi perché frutto di ragionamenti completamente sbagliati”, conclude Villa.

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