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    Viaggio ad Hammamet, 20 anni dopo: perché Craxi non può diventare una bandiera

    Illustrazione di Emanuele Fucecchi per TPI
    Di Luca Telese
    Pubblicato il 19 Gen. 2020 alle 10:27 Aggiornato il 19 Gen. 2020 alle 10:44

    Viaggio ad Hammamet, 20 anni dopo: perché Craxi non può diventare una bandiera

    Hammamet, Tunisia. La tomba è bianca, in muratura a secco, una cornice intorno alla lapide. Un segno molto semplice, circondato da fiori rossi, con una piccola aiuola e una bellissima frase incisa sulla lapide: “La mia vita equivale alla mia libertà”. Il cimitero è quasi affacciato sulla spiaggia, sul lungomare. Sul sentiero che lo attraversa corrono i bambini, e le porte in stile arabo, andando verso il suq, sono ornate di graffiti. È stato Bettino Craxi a far riaprire – anche da morto – il cimitero cattolico della cittadina tunisina che lo ha ospitato. La casa dell’ex presidente del Consiglio, diventata il set di Gianni Amelio è ancora come l’ha lasciata lui, con i mobili in muratura e il carrubo che domina il giardino. La signora Anna, elegante nel suo lutto, non ha più parlato dalla scomparsa del marito, non entra nelle contese politico storiografiche: “non faccio interviste da moglie di”.

    Ma gli anniversari scandiscono l’orologio della storia, e in questi giorni Hammamet è invasa dai “mille” militanti socialisti, a vent’anni dalla morte. Il decennale fu declinato nell’anatema, gli anni che sono seguiti nell’oblio.

    La via dove abitava il leader del partito socialista, Routh El Favaara, oggi ha cambiato nome. Tuttavia se chiedete a qualsiasi tassista di portarvi a “Casa Craxi” state tranquilli che vi lascerà davanti al portone giusto: qui il ricordo è vivo, è sempre positivo. Il latitante vilipeso in patria era diventato esule amato in terra straniera: bandiere rosse della Tunisia e Garofani socialisti che si sovrappongono, un piccolo cippo sulla tomba, come un libro aperto de simbolo che lo stesso Craxi volle archiviare. Si torna sempre da dove si è partiti.

    Si sono spesi molti slogan, in questo anniversario, molte parole. Ugo Intini, uno dei dirigenti Craxiani più intelligenti dice: “A sinistra ormai, sostanzialmente tutti riconoscono che le grandi polarità dialettiche che avevamo posto con la segreteria di Bettino era giuste”. E subito dopo spiega: “Fra Turati e Gramsci aveva ragione Turati, e non Gramsci. Fra Nenni e Togliatti aveva ragione Nenni e non Togliatti. Fra Craxi e Berlinguer aveva ragione Craxi e non Berlinguer”. Ma è davvero così?

    Leggo Intini e penso che questi venti anni non si possono risolvere con tre derby, l’ex portavoce non ha perso la durezza scolastica che lo fece ribattezzare da Michele Serra Ugo “Palmiro” Intini, per la rigidità della sua battaglia revisionistica contro “il migliore”. Stefania e Bobo, i due figli, in pubblico si sono divisi l’eredità politica, incarnando così bene la contraddizione politica del craxismo che la prima è legata al centrodestra e il secondo al centrosinistra. Marco Travaglio chiama ancora l’ex segretario “Bottino Craxi”. E aggiunge: “Come politico Bettino Craxi era anche più pericoloso che come bandito”.

    Ma se Craxi si fosse potuto operare in Occidente sarebbe vissuto molto di più. La sua vita tunisina non è stato un esilio dorato, come pensa qualcuno, ma un dolce calvario crepuscolare. Bisogna andare ad Hammamet per capire quanto può fare male la nostalgia dell’Italia.

    Leggo Travaglio e penso: ha senso perpetuare la battaglia di Mani pulite anche contro un cadavere? Bettino Craxi ha diviso l’Italia e la sinistra dal Midas in poi, per la sua spregiudicatezza, per la sua forza, per le sue scelte. È stato l’uomo che ha tenuto testa agli americani a Sigonella, ma é stato anche l’uomo che, nel paese degli ossimori, ha usato voti di sinistra per governare con la Dc. Ed ecco perché io, che di fronte a quella tomba provo rispetto, non penso che Gramsci Togliatti e Berlinguer fossero “dalla parte sbagliata”, come dice Intini. E nemmeno credo che si debba continuare a combattere dopo la morte come scrive Travaglio. Il film di Amelio condanna Craxi nella storia ma lo salva nella dimensione privata: ma anche questo compromesso non va bene, perché, come diceva De Gregori, “una zingara è un trucco”.

    Hammamet è bella quanto struggente, per chiunque la attraversi avendo in mente questa storia. Giorgio Almirante, segretario del Msi, quando parlava delle guerre ideologiche, amava citare Vincenzo Monti per dire: “Oltre il rogo non vive ora nemica”. La battaglia culturale dentro la sinistra, e la guerra giudiziaria non possono essere risolte come un derby. Craxi – per chi non ha amato Craxi – non può essere salvato da una assoluzione, peggio ancora se penosa. E nemmeno può essere crocifisso da una bestemmia, peggio ancora se ingiuriosa. Può vivere come una memoria complessa in una storia complessa, a sinistra, per il meglio che ha dato di sé. Anche ora che la guerra è finita Craxi non può diventare una bandiera. Ma un ritratto nella galleria degli avi. Per le bandiere si piange e si combatte, i ritratti degli avi, si fanno propri quando si sceglie di riconoscerne la consanguineità.

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