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    Il presidente dell’Aran vuole alzare il tetto di 240mila euro per i vertici più alti della Pa

    Il presidente Aran Antonio Naddeo. Credit: MAURIZIO BRAMBATTI/ANSA

    "Le retribuzioni vanno parametrate in base alle responsabilità": a TPI parla Antonio Naddeo, presidente dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 27 Mag. 2021 alle 17:21

    “Il tetto agli stipendi dei dirigenti della pubblica amministrazione, fissato a 240mila euro all’anno, va rivisto. Non perché si tratti di un trattamento economico basso, ma perché col tempo si è assottigliata la forbice tra i vertici amministrativo-istituzionali e altre figure dirigenziali che non hanno pari responsabilità”. A suggerirlo, nel corso di un’intervista telefonica a TPI è Antonio Naddeo, presidente dell’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) l’ente che si occupa per parte statale della contrattazione collettiva del pubblico impiego.

    Presidente, di recente lei ha dichiarato che il limite dei 240mila euro agli stipendi pubblici funziona come un tappo. Cosa intende?
    Questa è sempre una questione delicata. Intendiamoci, 240mila euro non è affatto un trattamento economico basso, ci mancherebbe. Il problema è che, con questo limite, alcune figure istituzionali con grandi responsabilità e con un impegno lavorativo molto forte sono ferme a quel tetto, mentre i dirigenti di seconda fascia, i direttori generali e anche i capi dipartimento dei vari ministeri crescono, perché i contratti collettivi dei dirigenti garantiscono degli incrementi. Questo fa ridurre la forbice tra i vertici amministrativi-istituzionali e altre figure che non hanno pari responsabilità.
    Ci può fare degli esempi?
    Ad esempio il capo del Dipartimento della Protezione civile, il Ragioniere generale dello Stato, il comandante della Polizia. Hanno grandissime responsabilità, ma il loro trattamento economico è fermo a 240mila euro. Mentre un altro dirigente del ministero prende non la stessa cifra ma poco meno. Eppure la differenza del tipo di lavoro è ben visibile.
    Quindi secondo lei il limite va alzato o rimosso?
    No, dico solo che le retribuzioni dei dirigenti vanno parametrate in base alla responsabilità e alla gestione di persone e risorse finanziarie. Si può ragionare, ad esempio, per un superamento di questo tetto solo per determinate figure apicali dello stato. Anche perché nel Pnrr si parla di attrarre anche professionalità dal privato. Ma levare il tappo non vuol dire che poi tutti devono crescere, assolutamente no.

    Da dove nasce questa proposta? Se ne è parlato all’interno del governo?
    No, non è un intendimento del governo. Ne ho semplicemente parlato a un convegno, facendo degli esempi. Penso che la questione prima o poi vada affrontata, ma ovviamente non decido io.
    A settembre 2020 fece discutere l’aumento di stipendio del presidente dell’Inps Tridico, che prendeva 150mila euro (e non 100mila come suo predecessore Boeri). Era comunque una cifra di 90mila euro inferiore rispetto al tetto massimo. Pensa che ora sia cambiato qualcosa?
    No, è stata solo una mia osservazione. Ma se guarda sul sito dell’Inps le retribuzioni dei direttori, scoprirà che stanno a un livello abbastanza alto, alcuni prendono 190mila euro, cui è da aggiungere la la retribuzione di risultato, che è pari a non meno di 30-40 mila euro. Il presidente invece prende 150mila euro: questo è il segnale che c’è qualcosa che non funziona. In tutte le strutture di lavoro chi sta al vertice guadagna di più. [Qui i compensi dei dirigenti Inps 2021, ndr].

    Però il presidente della Repubblica guadagna comunque meno di 240mila euro l’anno.
    Questi sono paragoni che valgono fino a un certo punto, stiamo parlando di tutt’altra cosa. Una volta il tetto era quello del presidente della Corte di Cassazione. Ma guardi, va bene tutto. Va bene anche che il tetto resti a 240mila euro, ma allora bisogna riparametrare le retribuzioni di chi sta sotto questi vertici: devono avere un limite anche loro. Questo tuttavia è un po’ complicato, visto che gli incrementi ci sono stati.
    Il rischio è che diventi più “conveniente” ricoprire un ruolo con meno responsabilità?
    Troverà sempre qualcuno che fa il capo della Protezione civile o il capo della polizia. Ma bisogna vedere se con questa limitazione si riesce a trovare sempre il meglio. È un ragionamento che può fare chiunque: chi me lo fa fare di impegnarmi in un’attività complicata, quando posso fare meno, guadagnando all’incirca la stessa cifra? Così un posto con tante responsabilità diventa meno “appetibile”.

    Parliamo del rinnovo del contratto degli statali. Lei ha detto che è possibile entro la fine dell’anno. Tra circa una decina di giorni verrà riconvocato il tavolo con i sindacati. Quali sono i nodi ancora da sciogliere?
    Da qui alla fine dell’anno mancano 7 mesi. Pensiamo di arrivare alla firma dell’ipotesi di accordo entro l’estate, perché poi un paio di mesi serviranno per i controlli del ministero dell’Economia e della Corte dei Conti. La settimana prossima ci sarà la terza riunione. I grandi temi da regolamentare sono tre: il rinnovo del contratto in senso stretto, ovvero gli aumenti, poi l’inquadramento dell’ordinamento professionale, che è un tema molto sentito sia dalle organizzazioni sindacali sia dalle amministrazioni dello Stato, e infine il lavoro agile o smartworking. Ma adesso è ancora presto per dire se ci sono veri e propri nodi da sciogliere, siamo ancora in una fase iniziale.
    Il Recovery Plan prevede una nuova area di “quadri”. Di cosa si tratta?
    È un tema di discussione. Non si tratta di una vera e propria area quadri. L’atto di indirizzo, ovvero il mandato che il governo ha dato all’Aran per l’avvio delle trattative, parla di una specifica collocazione di elevata professionalità all’interno dell’ordinamento professionale, che attualmente è diviso in tre aree: prima, seconda e terza. Ovviamente si tratta di una posizione di vertice, ma la sua definizione è stata rimandata al contratto.

    Leggi anche: 1. Tridico: “Non ho deciso io l’aumento di stipendio e non prenderò gli arretrati” / 2. Inps, fu il governo M5s-Lega ad avviare l’aumento di stipendio di Tridico /3. Tridico non deve vergognarsi di nulla: come presidente Inps guadagnava troppo poco (di L. Telese)

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