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    Francesco Merlo a TPI: “Governissimo? Mai con Berlusconi. Ma Forza Italia è meglio dei 5 Stelle”

    Francesco Merlo nell'illustrazione di Emanuele Fucecchi

    L'editorialista di Repubblica, tra i protagonisti della stagione dell'anti-berlusconismo, dice la sua sulle ipotesi di governissimo circolate nelle ultime settimane: "Nessuno vuole il ritorno Berlusconi, ma viviamo la stagione del populismo delle incompetenze. Il M5s è la nuova destra, come Salvini, e Conte un premier inadeguato. All'interno di Forza Italia ci sono molte figure competenti, e senza competenza non si può fare politica"

    Di Luca Serafini
    Pubblicato il 28 Lug. 2020 alle 18:12 Aggiornato il 28 Lug. 2020 alle 18:16

    Un ritorno di Berlusconi sulla scena politica, con Forza Italia che si stacca dal salvinismo per formare un governissimo con le attuali forze di maggioranza? L’ipotesi è circolata negli ultimi tempi, alimentata da endorsement insospettabili all’ex Cavaliere come quelli di Prodi e De Benedetti. Le posizioni moderate ed europeiste di Forza Italia, del resto, hanno allargato il campo delle possibili convergenze con l’esecutivo, delineando i contorni di un profilo politico certamente non del tutto sovrapponibile a quello di Salvini e Meloni. TPI ha chiesto a Francesco Merlo, editorialista di Repubblica e protagonista della stagione dell’anti-berlusconismo, un parere sulla fase politica che stiamo vivendo e sul ruolo che può giocare oggi Forza Italia.

    Da Romano Prodi a De Benedetti, passando per Luciano Fontana, sono stati in tanti nelle ultime settimane ad auspicare un coinvolgimento di Berlusconi e di Forza Italia nell’attuale maggioranza di governo. Lei condivide questa posizione e la sostanziale riabilitazione di Berlusconi che sottindente, o siamo di fronte a quella che Freud chiamava la “coazione a ripetere”, una tendenza inconscia a replicare vecchie esperienze, per quanto dolorose?

    Io in realtà non credo che qualcuno voglia riportare davvero Berlusconi al governo, né che qualcuno abbia intenzione di riabilitarlo. Chi come me si è occupato di lui per 20 anni, contrastandolo, non può aver certo cambiato idea adesso. Ha fatto cose inqualificabili e non c’è nessun “lavacro” possibile. Ma oggi parlare di Berlusconi significa occuparsi di una figura molto diversa rispetto al passato. La sua stessa faccia rivela tutta la stanchezza italiana, è la politica del lifting e del trasformismo arrivata alla sua fine. Nessuno lo percepisce più come un vincente.

    E quindi, pur escludendo l’ipotesi di riportarlo al governo, è accettabile avere i suoi voti per far approvare alcune riforme.

    L’idea che al governo oggi ci sia un ministro degli Esteri come Di Maio, che non conosce la geografia, fa pensare che forse ci vorrebbero figure più competenti. E sì, questo potrebbe avvenire anche con i voti del partito di Berlusconi. Non è che io spinga per questo, ma capisco il desiderio di competenza che c’è dietro. A me piacerebbe non vergognarmi dei ministri del mio Paese, cosa che invece mi succede con i Cinque Stelle. Viviamo in un periodo dominato dal populismo delle incompetenze. La parola “populismo” ha sostituito la parola “destra”, che era diventata indicibile.

    Con Forza Italia si delineerebbe quindi una sorta di coalizione di competenti.

    Nessuna coalizione, ma al governo devono andare i competenti per la semplice ragione che la competenza è un prerequisito per poter governare.

    E Forza Italia, a suo parere, esprime una classe dirigente con un maggior numero di “competenti” rispetto ai Cinque Stelle.

    Se immaginiamo un nuovo governo, con un nuovo presidente del Consiglio scelto dal parlamento, probabilmente all’interno di Forza Italia si potrebbero trovare alcune delle persone più degne per dare una mano.

    Se i Cinque Stelle sono così incompetenti e costitutivamente populisti, un’alleanza più organica col Pd mi pare, nella sua ottica, tutt’altro che auspicabile.

    Per me i Cinque Stelle non sono una forza democratica. Sono nati con l’idea del “vaffanculo”, questo era il loro programma, ma così non si va oltre la famosa canzone di Alberto Sordi. I grillini rappresentano ciò che ha prodotto il populismo come variazione linguistica della parola “destra”, l’idea cioè che sono tutti uguali, tutti ladri.

    Se però i Cinque Stelle incarnano, assieme a Salvini, la transizione dalla destra al populismo, allora forse quella di Berlusconi era una destra migliore di quella attuale.

    Quello che ha fatto Berlusconi è indicibile, io l’ho combattuto per una vita. Ha lasciato una quantità enorme di macerie, compreso il giustizialismo attuale, una semplice reazione al suo “garantismo” dell’epoca. Ma tutto questo ormai non c’è più. Se c’è necessità, come dicevo, si possono utilizzare i voti di Forza Italia, in cui militano tante persone perbene.

    Anche Brunetta, su cui lei ha scritto un libro, e che ora viene proposto come presidente di una delle commissioni parlamentari sul Recovery Fund?

    Brunetta non è un incompetente, ha un rapporto con i libri, con lo studio. Se viene inserito in un quadro diverso da quello dadaista e futurista dell’epoca berlusconiana, può diventare una risorsa. È una delle personalità di Forza Italia che si possono utilizzare. Certamente è molto meglio di gente come Laura Castelli.

    Ragionando però sugli scenari futuri, magari con in mano una calcolatrice, è facile rendersi conto che senza i Cinque Stelle il centrosinistra al momento non ha alcuna chance di ridiventare maggioritario nel Paese. Non è meglio, allora, tentare di portare nel campo della competenza i grillini, piuttosto che bollarli come populisti e ricollocarli nel campo di Salvini?

    Ci sono le elezioni, valuteranno i cittadini. Capisco ovviamente il ragionamento numerico, ma io il Pd alleato coi Cinque Stelle, ad esempio a Roma in appoggio a Virginia Raggi, non lo voto. Non vedo all’orizzonte una classe dirigente grillina potenzialmente competente, anche perché in genere quelli bravi poi li buttano fuori.

    Questa figura scelta dal parlamento per guidare un nuovo esecutivo, non potrebbe essere il premier attuale, Giuseppe Conte?

    Assolutamente no. Mi pare che Casalino come curriculum vitae sia molto meglio di Conte. Il Grande Fratello mi sembra più qualificante dei viaggi di studio del nostro premier, che peraltro il cv l’ha pure truccato.

    Ma cosa l’ha delusa del presidente del Consiglio sul piano delle scelte politiche?

    Conte incarna un trasformismo come mai c’era stato in Italia. È passato dal dirigere un governo di destra al dirigerne uno di sinistra. Non ha una linea, non si può considerare un uomo di Stato con una limpidezza politica.

    È rimasto deluso dalla gestione della pandemia, o dall’esito dei negoziati con l’Europa? Si aspettava qualcosa di diverso?

    Sulla pandemia Conte è stato un disastro. È riuscito con le sue conferenze stampa notture, le sue esibizioni, a provocare l’irritazione e il passaggio nel fronte negazionista anche di persone perbene. Sull’Europa il negoziato per ora è andato bene, ma probabilmente grazie al meraviglioso crepuscolo della Merkel, che ha iniziato da tedesca e ora termina il suo percorso politico da europea, dandoci una mano.

    Tra i competenti che sta invocando per nobilitare nuovamente la nostra classe politica, è possibile annoverare anche la Meloni, che secondo alcuni è ormai avviata su una strada più istituzionale e moderata rispetto a Salvini?

    La Meloni è il razzismo gentile, e sono stato già aggredito dai meloniani per aver usato questa espressione. Lei si colloca nella tradizione della destra italiana, e per questo alla lunga sarà la figura vincente lì dentro. Me nel campo dei competenti non potrebbe mai finirci. Le sue posizioni, anche a livello internazionale o sugli immigrati, per ora non mi pare che abbiano riaperto il capitolo della destra democratica in Italia.

    Quanto a Salvini invece?

    È razzista da quando era ragazzino e se la prendeva coi napoletani. Poi ha spostato l’asse sui neri. La destra italiana oggi è questa: Salvini, Meloni e i Cinque Stelle.

    Per chiudere il cerchio e tornando su Berlusconi: a distanza di anni e a mente fredda, non pensa che tutta la stagione del retroscenismo, del pettegolezzo, del giornalismo d’assalto sulle vicende private, delle 10 domande di Repubblica su Noemi Letizia e Patrizia D’Addario, abbia addirittura favorito l’ascesa del modello culturale berlusconiano? Non è stato un modo sbagliato di fare opposizione?

    Non direi, c’è stato un lungo periodo in cui culturalmente l’opposizione a Berlusconi siamo stati noi. Le 10 domande e il fatto che un pezzo di giornalismo abbia reagito a quella deriva morale, sono probabilmente tra le ragioni per cui, alla fine, le cose sono andate bene. Abbiamo limitato certi fenomeni, raccontando quello che vedevamo. Berlusconi è stato raccontato per quello che era. Quella è una stagione da rivendicare e sventolare come una bandiera.

    Leggi anche: 1. La malattia morale e politica di chi invoca il ritorno di Berlusconi (di Marco Revelli) 2. Il governissimo con Berlusconi è il simbolo di una politica marcia voluta da certi salotti e certe redazioni (di Luca Telese) 3. Filippo Sensi a TPI: “Abbiamo combattuto Berlusconi per anni, ma oggi il mondo è cambiato” 

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