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    Legge contro l’omotransfobia, femministe contrarie: “Terminologia inadeguata”

    Il movimento "Se non ora quando" ha inviato una lettera aperta ai firmatari del ddl Zan contro l'omotransfobia

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 1 Lug. 2020 alle 15:11 Aggiornato il 1 Lug. 2020 alle 15:13

    Il movimento femminista Se non ora quando ha preso posizione sul disegno di legge contro l’omofobia e la transfobia depositato ieri alla Camera dal deputato del Partito democratico Alessandro Zan. In una lettera inviata ai firmatari della legge del ddl, le femministe criticano in particolare il linguaggio utilizzato nel testo e l’espressione “identità di genere” o “gender”, una terminologia che – secondo la loro opinione – suscita ambiguità.

    “Con questa espressione si sostituisce l’identità basata sul sesso con un’identità basata sul genere dichiarato”, ha spiegato Francesca Izzo, una delle fondatrici del movimento, in un’intervista a Repubblica. “Come scriviamo nella lettera, attraverso ‘l’identità di genere’ la realtà dei corpi – in particolare quella dei corpi femminili – viene dissolta. Il sesso non si cancella”.

    Le femministe di Se non ora quando sposano in questo modo la posizione assunta pubblicamente dalla scrittrice J.K. Rowling, autrice della famosissima saga di Harry Potter, che lo scorso giugno in una serie di tweet aveva difeso l’identità femminile come realtà biologica e l’idea per cui gli spazi delle donne andassero protetti da chi – potenzialmente – potrebbe violarli semplicemente dichiarando di sentirsi donna. A causa di quei tweet, la scrittrice era stata travolta dalle critiche di transfobia e anche alcuni attori dei film nati dai suoi romanzi avevano preso posizione contro di lei.

    “Abbiamo citato J.K. Rowling esplicitamente nella nostra lettera”, sottolinea infatti Izzo. “Mi sembra assurdo che usare il termine ‘donna’ sia diventato discriminatorio”. Da qui l’appello delle femministe alla politica: “Chiamiamo le cose con il loro nome: orientamento sessuale va bene, ma è meglio nominare esplicitamente la ‘transessualità’ piuttosto che ‘l’identità di genere’. Se si parte dall’assunto che definire le differenze discrimina chi non rientra in quella categorie, le conseguenze possono essere anche grottesche. Le differenze vanno riconosciute e nessuno deve essere discriminato, ma non vogliamo cancellare il fatto che ci siano donne e uomini”.

    Il disegno di legge

    Il ddl Zan è la sintesi di cinque disegni di legge che ampliano l’attuale “legge Mancino” che già oggi punisce i reati d’odio per ragioni razziali, etniche, religiose o legate alla nazionalità. Se diventerà legge, chi discriminerà persone gay e trans rischierà fino a quattro anni di carcere. “Il deposito del testo di legge unificato contro l’omobitransfobia in Commissione Giustizia alla Camera segna l’inizio di un nuovo tentativo di colmare il ritardo nella battaglia contro le discriminazioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere che sconta il nostro Paese”, ha commentato Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay. “Il testo è sicuramente migliorabile: serve un dibattito di merito, serio e non ideologico, che ci permetta di sfruttare al massimo questa occasione per contrastare concretamente  l’odio omobitransfobico e la misoginia”.

    Contro la proposta si è schierato invece il segretario della Lega Matteo Salvini, che ha parlato di “una legge pericolosa per tutti, per gli omosessuali e per gli eterosessuali”. “Non c’è il pestaggio più grave o l’insulto più grave rispetto a un altro, perché a questo punto – ha osservato – noi presentiamo un bel disegno di legge contro l’eterofobia. Perché se vengo preso a schiaffi io, non vedo quale sia la differenza rispetto a che venga preso a schiaffi qualcun altro”.

    Il movimento “Pro Vita e Famiglia” ha definito il testo “osceno”. “Con il ddl Zan-Scalfarotto possiamo affermare che la teoria del gender diventerà legge e che i bambini saranno obbligati a festeggiare l’identità transgender già dall’asilo, questo succederà in ogni scuola di ordine e grado. I genitori che vorranno opporsi all’indottrinamento rischieranno la galera o la multa. Signori, questa è la fine della libertà e l’entrata dell’Italia in una nuova dittatura”, hanno dichiarato Toni Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vice presidente.

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