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    F35: perché se ne parla tanto in Italia, qual è il loro costo e a cosa servono

    Credit: BELGA PHOTO YORICK JANSENS

    La storia del più costoso programma aeronautico della storia

    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 9 Ott. 2019 alle 15:05

    F35: perché se ne parla tanto in Italia, qual è il loro costo e a cosa servono

    Perché in Italia si parla così tanto degli F35? E qual è il loro costo? E a cosa servono? Da anni si parla ciclicamente del programma F-35, ma non sempre è chiaro quale sia l’oggetto della discussione. Motivo di scontro tra forze politiche, l’F35 è un cacciabombardiere americano di ultima generazione, “protagonista” del più costoso programma aeronautico della storia.

    F35: perché se ne parla nuovamente in Italia

    A riaprire il dibattito sull’acquisto degli F35 è stata un’intervista al Corriere della Sera del neo ministro della Difesa Lorenzo Guerini, il quale ha affermato che il rinnovo della flotta italiana “è un bisogno oggettivo e non rinviabile”.

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    Le dichiarazioni di Guerini aprono uno scontro all’interno della maggioranza Pd-M5S. Il partito di Luigi Di Maio, infatti, è da sempre contrario all’acquisto dei velivoli militari considerati inutili e troppo costosi per le casse dello Stato italiano.

    Tuttavia, l’Italia ha programmato l’acquisto di 90 mezzi e non può rompere l’impegno preso, salvo pagando delle salatissime penali.

    Per il prossimo triennio, però, sarebbe ancora da definire il quantitativo dei nuovi acquisti, una decisione che spetterebbe al ministero della Difesa e che per l’appunto sarebbe in via di definizione in queste ore.

    L’impegno dell’Italia per l’acquisto degli F35

    L’impegno dell’Italia nell’acquisto dei caccia statunitensi risale al 1998. Alla fine degli anni Novanta, infatti, gli Stati Uniti lanciarono un bando volto al rinnovo  della flotta aerea militare. Ad aggiudicarselo furono la Lockheed Martin in alleanza con l’azienda britannica Bae Systems.

    Al programma hanno partecipato molti paesi tra cui Regno Unito, Italia, Paesi Bassi, Canada, Turchia, Australia, Norvegia e Danimarca investendo un totale di 4.375 milioni di dollari nella fase di sviluppo e impegnandosi ad acquistare 3100 velivoli entro il 2035.

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    Come detto, l’Italia ha aderito al programma nel 1998 quando a Palazzo Chigi c’era Romano Prodi e il ministro della Difesa era Beniamino Andreatta. “L’ultimo caccia americano costa la metà dell’Eurofighter ed è migliore sotto il profilo tecnologico” furono le dichiarazioni di Andreatta rivolte all’assemblea dell’Aiad il 9 luglio 1998.

    Il primo via libera formale del Parlamento al programma Joint strike fighter c’è stato nel dicembre 1998 qualche settimana dopo il giuramento di Massimo D’Alema come presidente del Consiglio. In quell’occasione le commissioni Difesa di Camera e Senato sancirono l’adesione dell’Italia alla fase iniziale del progetto con un contributo iniziale di 10 milioni di dollari.

    Nel giugno 2002, quando era in carica il secondo governo Berlusconi, l’Italia ha aderito alla fase successiva del progetto con un ulteriore investimento di 1 miliardo e 28 milioni di dollari.

    L’impegno dell’Italia per l’acquisto di 131 velivoli

    Dopo le fasi primordiali del progetto, dunque, l’Italia il 7 febbraio del 2007 si impegna ad acquistare 131 F35. L’Italia, in realtà, non firma un vero e proprio contratto di acquisto, ma un Memorandum d’intesa, in cui oltre ad aderire alla fase successiva del programma Joint strike fighter, del costo di 904 milioni di dollari, si impegnava ad acquistare 131 velivoli per un costo di 15 miliardi di euro, pagabili in molti anni. Il governo in carica all’epoca e il secondo esecutivo Prodi.

    Nel 2009, sotto il quarto governo Berlusconi, c’è stato un ulteriore passaggio. Le commissioni Difesa di Camera e Senato, infatti, hanno dato il via libera a una nuova fase del programma, che prevedeva, tra le altre cose, anche la costruzione di una fabbrica, volta alla produzione delle ali per gli aerei, presso l’aeroporto militare di Cameri, in provincia di Novara.

    Il governo Monti riduce l’acquisto degli F35

    Nel febbraio 2012, il governo Monti decide di modificare l’impegno d’acquisto degli F35. L’allora ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, infatti, ha deciso di ridurre la flotta dai 131 velivoli previsti a 90. Questo avrebbe dovuto far risparmiare circa 4 miliardi di euro al governo italiano, anche se un calcolo ufficiale della spesa per l’acquisto dei velivoli in realtà non c’è mai stato.

    Un ulteriore passaggio c’è nel 2014 quando viene approvata una mozione del deputato Pd Gian Piero Scanu, che prevede il dimezzamento della spesa iniziale prevista per l’acquisto degli F35. Ma questo impegno, in realtà, non è mai stato tradotto in cifre. Il costo dei caccia militari, infatti, non sembra aver subito modifiche dopo la mozione di Scanu dal momento che anche nel Def presentato quell’anno non vi era traccia di ciò.

    L’impegno della Trenta: “Non acquisteremo altri F35”

    Il 6 luglio scorso, Elisabetta Trenta, ministro della Difesa nel primo governo guidato da Giuseppe Conte, afferma in una trasmissione televisiva che: “Non compreremo nessun altro F35. Stiamo analizzando se mantenere o tagliare i contratti in essere”.

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    “Siamo sempre stati critici del programma, nessuno lo nasconde, proprio per questo non compreremo nuovi caccia – affermava la Trenta – Stiamo portando avanti un’attenta valutazione che tenga esclusivamente conto dell’interesse nazionale”.

    Quanti velivoli ha acquistato l’Italia? E a cosa servono?

    Secondo quanto ricostruito, dei 131 velivoli che dovevano essere inizialmente acquistati, poi ridotti a 90, ne sono stati effettivamente comprati 26, di cui dieci già consegnati. Ma a cosa servono gli F35 già acquistati? A rinnovare la flotta aerea militare italiana.

    Dei dieci caccia consegnati sino ad ora, nove sono stati destinati all’Aeronautica e uno alla Marina.

    Secondo alcune indiscrezioni, l’attuale governo starebbe pensando a un ulteriore taglio, riducendo a 75 il numero degli F35 da acquistare. L’idea sarebbe stata anche al centro dei colloqui con il segretario di stato Usa Mike Pompeo. Se le indiscrezioni si rivelassero esatte, dei 75 velivoli eventualmente acquistati, 60 caccia sarebbero destinati all’Aeronautica, mentre i restati 15 sarebbero affidati alla Marina.

    Quale è stato il costo per l’acquisto degli F35?

    È il vero nocciolo della questione: quale è stato il costo per questi caccia militari? In realtà nessuno lo sa con esattezza. Si stima, infatti, che l’Italia abbia già speso almeno 4 miliardi di euro per lo sviluppo e i primi acquisti, ma una cifra esatta in realtà non c’è.

    Secondo quanto rivela il Sole 24 ore, inoltre, la Lockheed diversi anni fa aveva stimato l’impatto economico che l’investimento avrebbe avuto sull’Italia. Secondo l’azienda, infatti, l’adesione del nostro Paese al programma Joint strike fighter avrebbe portato alla creazione di almeno 10mila posti di lavoro. Stime che si sono rivelate ampiamente esagerate.

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