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    Ha perso Salvonzoni. Ha vinto Zingaccini

    Illustrazione di Emanuele Fucecchi
    Di Luca Telese
    Pubblicato il 27 Gen. 2020 alle 08:39 Aggiornato il 27 Gen. 2020 alle 13:59

    Ha vinto Stefano Nicola Zingaccini. Hanno vinto, cioè, il presidente uscente della Regione e il leader del Partito Democratico riformato derenzizzato.

    Il voto in Emilia Romagna ha segnato la prima vera sconfitta di Matteo Salvini, un passo di arresto, uno stop all’onda lunga verde che non aveva mai smesso di crescere, dalle politiche del 2018 ad oggi.

    Hanno vinto il candidato che ha tenuto la palla bassa, sul territorio, lo ha fatto testardamente, e ha vinto il segretario che ha costituito il governo giallorosso, in un frangente difficilissimo, quello della crisi di agosto. Il Pd ha fatto bene a fare quel governo, alla luce di questo risultato, che non sarebbe stato possibile se Salvini avesse vinto questa estate.

    Hanno perso il citofono, il rutto, l’invettiva, l’idea della Bibbianizzazione della politica. Gli emiliano-romagnoli – per rispondere alla famosa t-shit della Borgonzoni – NON hanno voluto parlare di Bibbiano. Non hanno voluto citofonare a Pilastro a nessun tunisino processato sommariamente su pubblica piazza. Non hanno voluto considerare il loro voto come un exit poll nazionale: hanno scelto il governo che a loro piaceva.

    In Emilia Romagna, per la prima volta il “buon governo” paga, per la prima vota le città ammaestrano le periferie, e non il contrario. Per la prima volta, dalla Brexit in poi.

    Non ha perso Lucia Borgonzoni. Ha perso, malgrado l’ottimo risultato, Matteo Salvini. Ha perso Matteo Renzi, non pervenuto, il leader che doveva spaccare mari e monti, che non ha avuto nemmeno il coraggio di presentare una sua lista.

    Ha perso, persino in anticipo, Luigi Di Maio: non ha capito nemmeno lui stesso quanto aveva cambiato, e in modo irreversibile, il suo stesso movimento. È finito il tripolarismo, che ha ballato per una sola stagione, dal 2018 a oggi. Ha perso chiunque in casa grillina pensi che si possa stare ancora una volta né a destra né a sinistra.

    Ha vinto Giorgia Meloni, che vede il 10 per cento nella rossa Emilia. Ha perso chi nel M5s guardava (e forse guarda) verso destra: non c’è più spazio. Non c’è spazio per nessuno lì. Ha perso chiunque abbia dato e voglia dare tutto per scontato. Nulla lo è più in Italia.

    Ha vinto Stefano Patuanelli, che ha preso posizione con una intervista su La Repubblica, e che forse ha guidato parte del voto disgiunto – più di un punto, un piccolo record – tra M5s e Bonaccini.

    Hanno vinto le sardine: hanno vinto come avevamo detto loro, trascinando il voto nelle città. Riattivando la piazza a sinistra. Cambiando codice della comunicazione, rompendo la guerra simbolica dei padri e dei figli (ad esempio i Borgonzoni) introducendo la variabile dei nipoti: la generazione dei non garantiti che molti dà, senza nulla aver avuto.

    Hanno vinto il cuore antico di Pierluigi Bersani e la faccia giovane di Elly Schlein: la loro Emilia coraggiosa a Bologna vale l’8 per cento, come tre M5s.

    Ma alla fine ha vinto Nicola Zingaretti, perché per quanto abbia quello che Prodi chiamò il “fattore C” (il culo), ormai non si può più dire che sia solo culo. Ha preso il Pd al 18 per cento. Ha vinto le primarie con 4 milioni di voti. Ha vinto le Europee con 4 punti in più di Renzi.

    Ha vinto quando ha portato a casa dieci ministri con metà dei voti del suo partner di governo. Ha vinto in Emilia senza il suo principale avversario. Ha vinto tutto quello che poteva vincere, anche se molti (soprattutto tra coloro che magnificavano Renzi come il nuovo Mao Tse Tung) si divertono a dire che non ne abbia azzeccata una.

    Ha vinto Stefano Bonaccini per il suo stile, per quegli orribili occhiali Ray ban a goccia, ha vinto malgrado la palestra, e ha vinto perché ha saputo dare una carezza a Lucia Borgonzoni.

    Bonaccini ha quasi la stessa età, e quasi lo stesso curriculum di Zingaretti. Entrambi vengono dalla Fgci, dal PCI, dalla Sinistra Giovanile, entrambi sono diventati dirigenti locali, amministratori. Ha vinto un nuovo tipo antropologico, che ha civilizzato alcuni barbari, e che ha battuto gli altri.

    Ha perso Salvonzoni. Ha vinto Zingaccini.

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