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    La proposta di legge sul “Bonus nozze” è anticostituzionale: ecco perché

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 26 Apr. 2019 alle 18:16 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:59

    Una cinquantina di deputati della Lega ha firmato una proposta di legge che vuole rendere più semplice le nozze per le giovani coppie. È il “bonus matrimonio” lo sgravio fiscale proposto dal Carroccio ed è valido solo per gli under 35 che decidono di sposarsi in Chiesa.

    La detrazione prevista dal “bonus matrimonio” è fino al 20 per cento delle spese collegate alla celebrazione delle nozze. Le coppie per usufruire dello “sconto” devono presentare l’Isee che non deve essere superiore ai 23 mila euro.

    Tra i requisiti imposti dalla Lega per avere accesso al bonus ci sono anche la clausola secondo cui la cerimonia deve essere celebrata in territorio italiano e che i giovani sposi devono essere cittadini italiani da almeno 10 anni.

    “Bonus matrimonio” per i giovani: ecco i requisiti per accedere alla detrazione proposta dalla Lega

    L’ “aiuto dallo Stato” per chi convola a nozze in Chiesa – sarà discusso nei prossimi giorni alla Camera – è anticostituzionale. A spiegarlo a TPI l’avvocato Pierluigi Fanchitto.

    “Sono trascorsi esattamente 30 anni dalla sentenza del Corte Costituzionale che si è pronunciata sulla laicità dello Stato, la sentenza cardine dove la laicità dello Stato viene considerata suprema e superiore rispetto a qualsiasi altro diritto. Inalienabile e inviolabile. Riconoscendo la laicità dello Stato, si considera incompatibile ogni atto di preferenza rispetto a qualsiasi tipo di religione, non solo la cattolica”.

    “C’è anche un’aggiunta ai Patti Lateranensi con la quale avviene un superamento dell’esclusività della religione cattolica”.

    “Questa proposta”, prosegue Fanchitto, “è del tutto anacronistica, anche se la politica, in questi ultimi anni sta inseguendo la religione in varie tematiche”.

    Fanchitto infatti precisa: “Con la sentenza si riconsce la laicità dello Stato come un interesse superiore dell’intero ordinamento e non possono essere ammesse delle preferenze, non può essere considerata legittima qualsiasi forma di discriminazione di chi non aderisce ad alcuna forma di confessione. Lo Stato rimane libero da qualunque tipo di influenza”.

    Come spiega l’avvocato Fanchitto, “il matrimonio civile è il requisito minimo, se ci si sposa in Chiesa è un di più. Il matrimonio concordatario infatti non regge se non c’è anche un matrimonio civile ai fini del riconoscimento dello Stato”.

    “Dando un incentivo esclusivamente a chi celebra le nozze in chiesa si crea una distizione, di fatto si discrimina una parte della popolazione. Il bonus per acquisto di ornamenti, addobbi in chiesa, diventa un’agevolazione sull’inventario dei costi da matrimonio. È in aperto contrario con il principio basilare della laicità, a questo punto le agevolazioni perché non ci sono anche per matrimoni celebrati secondo altri riti?”.

    “Crare diritti solo per alcune categorie di cittadini significa fare una discriminazione, in questo caso tra chi si sposa in chiesa e chi no”, conclude Fanchitto.

    Chi c’è dietro la proposta del “Bonus matrimonio” avanzata dalla Lega

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