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    Se una conversione all’Islam destabilizza i vostri pregiudizi borghesi, il problema siete voi

    Silvia Romano con la madre al suo arrivo a Roma. Credit: Ansa
    Di Giulio Cavalli
    Pubblicato il 11 Mag. 2020 alle 08:41 Aggiornato il 11 Mag. 2020 alle 09:24

    Le persone piccole, quelle di poca sostanza e di nessuna capacità di elaborare la complessità, si aggirano per il Paese per cercare conferme dei propri pregiudizi. Poveri loro, temono di essere destabilizzati se non trovano lì fuori il mondo come se lo immaginano, pensa te, poveretti, se per caso devono attivare i neuroni arrugginiti per affrontare una complessità che li affatica come raggiungere una cima. Così questa mattina alcuni giornali, che viene difficili chiamare giornali, devono scendere nelle fogne per scovare una notizia che non è una notizia che mostra chiaramente tutta la loro povertà.

    C’è il dress code della sequestrata che non si deve permettere di non abbigliarsi come ci si aspetterebbe da una donna occidentale secondo i canoni patriottici di quelli che vorrebbero fare di Silvia Romano un reso perché averla pagata permette loro di ripensarci come se fosse un mobiletto dell’Ikea e restituirla, rimandarla indietro. Puntano il dito sulla veste perché per loro l’unica sostanza è la forma, perché l’abito è il monaco e non possono mica affaticarsi a leggere le situazioni e il contesto. Chissà che pena che proveranno fra qualche anno quando gli si ricorderà di avere condensato un anno e mezzo di prigionia nella forma dell’abbigliamento. Sono gli stessi che benpensano catalogando la libertà di culto come patente di immunità dal male straniero, patriottici che mancando delle basi della storia e dell’empatia si aggravano alla gonna della loro chiesa, quella che non frequentano mai ma che sventolano come clava per bastonare gli avversari.

    Sono gli stessi che impazziscono, con il sangue che bolle, se vedono una donna sorridente e sicura. Le persone piccole di questo tempo vogliono che i disperati siano emaciati perché misurano la disperazione solo dalle sue forme esteriori, perché hanno bisogno di essere rassicurati da qualcuno visibilmente più disperato di loro. Sono quelli delll’”aiutiamoli a casa loro” che poi si avvitano sul “cosa sei andata a aiutarli, a fare cosa”. Sono quelli che spargono sterco perché è il loro ecosistema e sono terrorizzati che finisca lo sterco intorno, non saprebbero più che lingua parlare, di cosa occuparsi, come fare ad esistere.

    Il ritorno di Silvia Romano ha stappato i limiti che potrebbero sembrare di un certo giornalismo e invece sono i limiti di certi ragionamenti: fatevi avanti, l’occasione è ghiotta, quando vi ricapita di linciare una donna libera in diretta nazionale fingendo di occuparvi di intelligence e geopolitica. Avanti pure.

    Leggi anche: 1. Vi racconto come Silvia Romano ha trasformato la mia paura in speranza (di G. Cavalli) /2. I filmati, le trattative coi terroristi, lo scambio finale: le tappe della liberazione di Silvia Romano /3. Bentornata Silvia, oggi più che mai abbiamo bisogno del meglio della tua generazione

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