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    Dio benedica il diritto a criticare una religione (di E. Serafini)

    Credit: EPA/PHILIPP GUELLAND
    Di Elisa Serafini
    Pubblicato il 15 Feb. 2020 alle 15:56

    Dio benedica il diritto a criticare una religione (di E. Serafini)

    Ha fatto scalpore la dichiarazione del presidente francese Emmanuel Macron, che ha parlato di “diritto alla blasfemia”, difendendo una teenager francese “colpevole” di aver insultato l’Islam sui social.

    La vicenda si svolge sul web: Mila, una liceale francese, attivista dei diritti LGBTI, gira un video nel quale critica ferocemente l’Islam per le posizioni sui temi dell’omosessualità espresse all’interno del Corano. Il video diventa virale in breve tempo, e la studentessa viene ricoperta da insulti, deve abbandonare la scuola e vivere sotto scorta.

    Questo episodio scatena la polemica oltralpe, fino a quando Macron non ribadisce un messaggio che fa parte, da secoli, della cultura francese: “Qui esiste il diritto di blasfemia e critica della religione”. 

    Sono solo due le testate italiane a riprendere la notizia, a dimostrazione che i temi che riguardano il rapporto tra religione e Stato forse non interessano, o risultano troppo scomodi.

    Eppure nella frase di Macron è racchiuso l’intero pensiero illuminista che ha reso grande una parte di civiltà: la libertà di criticare, di esprimere un’opinione, un pensiero contrario, un’idea differente.

    Una libertà del tutto diversa e antagonista rispetto al concetto di discriminare, che invece significa escludere dalla società, dal lavoro o dai diritti, una categoria di persone.

    Se il secondo elemento risulta deprecabile e contrario alla legge e al diritto internazionale, il primo è fondamento dei diritti della nostra civiltà. Con una sostanziale ed importante limitazione: che venga consentita la critica alle scelte di pensiero e non alle condizioni di nascita, come ad esempio l’etnia, il genere o l’orientamento sessuale, la condizione di disabilità o il colore della pelle. 

    Nella nostra società si fa ancora fatica a distinguere tali condizioni dal pensiero, ma la differenza è sostanziale. 

    Tanto deve essere tutelato il diritto a pensare o credere diversamente (senza arrecare danni a terzi), quanto deve essere tutelata anche la possibilità di critica. 

    La storia insegna che laddove sono stati posti limiti alla libertà di critica al pensiero, le persone hanno subìto violenze, ingiustizie, privazioni. 

    Il pensiero e i governi cambiano, diritti e libertà non devono mai essere dati per scontati, poiché la civiltà di un Paese non sempre segue un avanzamento cronologico, ma può anche regredire, come nel caso di molte società, che un tempo erano libere e oggi non lo sono più.

     

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