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    Heather Parisi non vuole vaccinarsi? Allora non ha diritto a curarsi negli ospedali italiani 

    Di Luca Telese
    Pubblicato il 26 Dic. 2020 alle 11:18 Aggiornato il 26 Dic. 2020 alle 11:59

    Prendetela sul serio. Non bisogna rispondere ai proclami di Heather Parisi contro la campagna vaccinale con una alzata di spalle. Né con una ingiuria. E nemmeno con fesserie del tipo “ma lei è una soubrette”, eccetera. Bisogna prenderla terribilmente sul serio (perché ha il coraggio di dire quello che oggi in Italia pensano tante persone) e risponderle con altrettanto rigore, perché il suo proclama è una sfida che merita una risposta.

    Quindi se Heather Parisi dice: “Non vaccinerò né me stessa, e né la mia famiglia, perché quello è un vaccino sperimentale”, bisogna chiarire una serie di punti importanti. Il primo: non è la Parisi (e nemmeno chi scrive) a decidere se il vaccino funziona o no: sono le autorità mediche. Le stesse che decidono tutti i protocolli sanitari della nostra vita, dalle terapie alle cure riconosciute come valide, dalle regole che stabiliscono come funzionano gli ospedali a tutto ciò che riguarda il sistema sanitario.

    Se la Parisi non crede alle autorità sanitarie (e non per una rozza forma di vendetta) non si deve far curare negli ospedali italiani. Perché anche le cure con cui si soccorre chi è malato di Covid (o di tumore) sono state (e sono) in parte sperimentali, e sono state decise da quelle stesse autorità.

    Io la Parisi voglio prenderla sul serio e mi chiedo: che succede se leggendo qualche pezzullo su Internet Heather Parisi o chi per lei si addentrano (ad esempio) nel dibattito combattuto a colpi di carta bollata e pubblicazioni, sull’efficacia e sugli effetti collaterali dell’idrossiclorochina? E cosa pensano Heather Parisi (e gli altri farmacologi della domenica) dell’eparina, dei cortisonici e degli anti-virali?

    Quindi il primo tema è: o si dubita di tutto, o non si dubita di nulla. Tutti gli italiani che hanno almeno cinquant’anni (compresi i più accessi No Vax) portano sul braccio un piccolo tatuaggio che ha salvato loro la vita. Tutti gli italiani (compresi i più esaltati no Vax) hanno fatto (e fanno) vaccinazioni obbligatorie, in Italia. In questo paese – non va scordato mai – tra il 1939 ed il 1962, prima dell’introduzione della vaccinazione di massa, ogni anno in Italia venivano scoperti tremila casi di poliomielite paralitica, con un picco di 8.300 casi nel 1958.

    E “poliomielitico” era diventato nel gergo corrente un brutto insulto. Oggi – invece – la poliomielite è debellata. Le eventuali reazioni allergiche oggi sono contenute a 17 per milione. Quello che sfugge a Heather Parisi, e a quelli che la pensano come lei, è che la vaccinazione non è un atto di arbitrio individuale, ma un atto di responsabilità collettiva. Ci si vaccina non solo per proteggere se stessi, ma (anche) per proteggere gli altri. Soprattutto i più deboli.

    Se invece sei uno di quelli che punta tutto sulla libertà individuale e non vuole vaccinare la propria nipote, per esempio, allora devi sapere che non la puoi mandare nella scuola pubblica. Se non vuoi vaccinare te stesso, quindi, non accedi al trasporto pubblico. Non perché subisci una rappresaglia liberticida, ma perché così non metti a rischio la libertà di vivere degli altri.

    Infine: lockdown, distanziamento e zone a semaforo sono una gravissima limitazione della libertà, della vita, dell’economia. Se non ti vaccini, sei anche responsabile del fallimento di chi è costretto a chiudere. Ecco perché in Italia non dovremmo decidere dell’obiezione di coscienza (virtuale) di Heather Parisi, ma di questo tema, molto più importante: o obblighiamo tutti a vaccinarsi, oppure poniamo dei limiti a chi non si vaccina. E poi – chiarito questo – la Parisi, e la sua famiglia, ci fanno sapere cosa preferiscono.

    Leggi anche: 1. Chiudiamo scuole e città ma nessuno ha il coraggio di parlare dell’obbligo vaccinale contro il Covid / 2. L’uomo che salverà il mondo dal Covid è un figlio di immigrati: cari razzisti, andate a nascondervi

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