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    Il giustizialismo mediatico-emotivo: dalla tragedia del Mottarone ai suicidi che non esistono più

    Di Guglielma Vaccaro
    Pubblicato il 9 Giu. 2021 alle 12:19

    È notizia recente la sostituzione del giudice delle indagini preliminari di Verbania che ha deciso la scarcerazione dei tre indagati per la tragedia della funivia del Mottarone con un’altra collega titolare del ruolo effettivo. Nonostante il presidente del Tribunale si sia affrettato a comunicare che questo avvicendamento rientra nella normalità (la gip che ha sconfessato la linea “decisionista” della Procura era una supplente), colpisce la tempestività di un provvedimento arrivato dopo giorni di polemiche.

    Ricordiamo a tal proposito dichiarazioni peculiari del pubblico ministero titolare dell’inchiesta che ha promesso, bontà sua, che non prenderà più il caffè alla macchinetta con la collega che non ha ravvisato i requisiti di legge per tenere in carcere tre persone che invece meriterebbero “pene esemplari” per aver causato la morte di 14 persone.

    Ecco, quest’ultima frase non è estrapolata dal chiacchiericcio da bar online del web (dove l’invito più ricorrente è quello di “buttare via la chiave” se non si invocano le pene corporali o peggio). È una frase pronunciata a favore di microfoni dal pubblico ministero titolare di indagini iniziate neppure da un mese. Per il magistrato inquirente la situazione è già chiarissima: la strage è stata causata da una “banda” che, per puro profitto, ha omesso manutenzioni e altri adempimenti e ha determinato la dissoluzione di intere famiglie.

    Che i soggetti inquisiti si rimpallino tra loro le responsabilità e siano da verificare tutta una serie di questioni tecniche molto specifiche è solo un dettaglio che non interessa al grande pubblico. L’importante è aver promesso pene esemplari, ovvero che queste siano un deterrente per chi in futuro dovesse pensare di comportarsi in maniera analoga.

    E fa niente che tra qualche settimana, peraltro in piena estate, l’emozione per il povero Eitan rimasto orfano sarà un ricordo sbiadito sostituito (anche lui) da qualche altro argomento d’interesse, magari un grande giallo dell’estate. Non importa sapere che siamo appena all’inizio di un’inchiesta e che il processo (di primo grado) sarà celebrato ad essere ottimisti il prossimo anno e chissà con quali risultanze tecniche tra accusa e difesa.

    L’importante è aver promesso pene esemplari per una tragedia assurda come chiede il giustizialismo emotivo. Uso questo lemma al posto dei più noti “giustizialismo mediatico” o “populismo mediatico” per designare una strumentalizzazione chirurgica della risposta emotiva al fatto del momento, una fiammata che si esaurisce in un frullare di post, una sventagliata di tweet, una mitragliata di indignazione che diventa uno status sui social.

    Tra l’altro non è detto che gli “utilizzatori finali” del metodo emotivo spingano sempre verso la colpevolezza: esemplare in questo senso è la vicenda Bossetti, per il quale – a causa di una strategia mediatica che meriterà negli anni futuri uno studio dedicato – dopo tre gradi di giudizio e una prova genetica non scalfita da dubbi formalizzati durante il dibattimento nella sede preposta, molti perorano ancora l’innocenza.

    Non può essere stato lui l’autore di un delitto così efferato ai danni di una ragazzina sulla soglia dell’adolescenza, deve essere stato per forza qualcun altro: è un complotto ai danni di un povero e onesto lavoratore (perché la Procura di Bergamo abbia deciso di incastrare un “padroncino” dell’Isola Bergamasca, perfetto sconosciuto sino al giorno dell’arresto, ancora non ce l’hanno detto, però: attendiamo fiduciosi).

    A prescindere dal risultato perseguito al momento (tornaconto politico, ritorno in ascolti, popolarità in senso lato e guadagni), chi si avvale di tale “strumento” sa esattamente come portare la pubblica opinione dalla propria parte: è morto in maniera assurda un figlio unico bello, bravo e buono? Non esiste che chi ne ha determinato la morte possa essere imputato di omicidio colposo: bisogna buttare la chiave, della cella sua e di chi era con lui (con buona pace delle diverse distribuzioni di responsabilità previste dalle norme del codice penale).

    La gente non si toglie più la vita, ogni suicidio diventato un caso mediatico è diventato sospetto, ma – tranquilli – ogni dubbio verrà eliminato da società di consulenze più o meno qualificate che promettono con metodi innovativi il ristabilirsi della verità e la scoperta del vero colpevole. Che avrà naturalmente una pena esemplare, ve lo garantiamo.

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