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    Dal meccanico al macellaio, basta con i pezzi di gente “normale e comune” che santifica Draghi

    Se ai tempi della Bce i cronisti disperati per il silenzio di Draghi giocavano a indovinare la politica monetaria dal colore delle sue cravatte, ora sono il suo barista o il suo edicolante a raccontarci quello che il premier non dice. Saziando il nostro bisogno di sapere con chi abbiamo a che fare e, possibilmente, di idealizzarlo. Ma non se ne può più

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 3 Mar. 2021 alle 19:32 Aggiornato il 4 Mar. 2021 alle 11:00

    Mario Draghi ha fatto ingresso nella scena politica italiana da un mese, ha parlato in pubblico tre o quattro volte, ma di lui sappiamo già tutto. E non è certo grazie all’addetta stampa che lo segue dai tempi della Banca d’Italia, Paola Ansuini: la nuova responsabile della comunicazione di Palazzo Chigi ha fatto capire dal primo momento che la comunicazione del premier sarebbe stata a tutti gli effetti istituzionale e lontana dalle “veline whatsapp” dell’era Casalino-Conte. Persino ieri, alla conferenza stampa sul nuovo Dpcm – momento attesissimo del paradigma giallo-rosso attorno a cui Conte ha costruito gran parte del suo consenso recente – il premier non è intervenuto: ha lasciato parlare Gelmini e Speranza.

    È attraverso l’immaginario fantastico dipinto dalle sue “vere” persone di fiducia che conosciamo Draghi: sono il suo barista, il suo macellaio, il suo edicolante e il suo meccanico, uomini “normali e comuni” che da un mese a questa parte hanno contribuito a costruire il racconto di un premier dal volto umano, esperto di cucina, dolce conducente d’auto, avido lettore di quotidiani, amante dello sport e dell’As Roma. Ormai leggiamo e riprendiamo titoli che ci raccontano dei gusti di Draghi con la serietà con cui si riprendono agenzie stampa e breaking news politiche.

    Riceviamo notifiche su come Draghi ama mangiare il cornetto a colazione e dettagli sul modo in cui lo “puccia” nel cappuccino. “Se il premier ‘puccia’ il cornetto? No, no, il premier non intinge il cornetto nel cappuccino, che beve sempre al bancone, visto che va sempre di fretta“, ci raccontava il suo barista di fiducia mentre il Cts si riuniva per discutere dei nuovi colori di Regione, rammaricato di non offrirgli più lo “spritz”. L’ex capo della Bce non ha più tempo di gustare anche l’aperitivo, ma sappiamo che era solito accompagnarlo “con noccioline o patatine”. Fantastico, proprio come noi.

    E se non sappiamo cosa pensa Draghi della variante sudafricana del Covid o dell’approdo di 363 migranti a bordo della Sea Watch, è ormai noto come conduce la Bmw: proprio ieri il suo meccanico ci ha informato di uno stile di guida “tranquillo e attento”. D’altronde sarebbe stato strano apprendere il contrario: una guida “pazza e spericolata” non si addice alla figura dell’uomo giusto, corretto, sobrio e preciso con cui ormai abbiamo familiarizzato. Parliamo di un uomo che “lascia il brasato a bagno tutta la notte”, come ci ha raccontato il suo macellaio con dovizia di particolari.

    È il nostro nuovo premier, santificato dai titoli di quotidiani che inneggiano al ritorno del “fascino borghese” e dagli aneddoti di chi ha avuto la fortuna di condividere con lui “momenti di trascurabile felicità“, che ricordano un po’ i tempi in cui i cronisti di Bruxelles studiavano i suoi abiti per condire articoli e retroscena. Eppure non se ne può più.

    Quando Mario Draghi era presidente della Banca Centrale Europea, il suo stile minimalista mandava in bestia i giornalisti in cerca di scoop e interviste, tanto che si era arrivati a indovinare gli orientamenti della politica monetaria della Bce in base al colore della cravatta che indossava, e un giornalista del Financial Times aveva persino lanciato l’hashtag #DraghiTieGuesses (indovina la cravatta di Draghi).

    Oggi invece ci ritroviamo a esaminare le sue preferenze gastronomiche o i suoi gusti in materia di auto per capire con chi abbiamo a che fare. Una tendenza in parte giustificata dal bisogno di conoscere chi ci governa, soprattutto in un momento incerto come quello che stiamo attraversando dopo un anno di pandemia.

    Draghi è l’outsider e lo straniero, e noi attenti osservatori abituati a scandagliare passato e presente social di ogni politico non ci accontentiamo dei video Youtube di “Whatever it takes“. Vogliamo di più, e non è solo fame di gossip: ricorriamo a ogni escamotage per aggiungere dettagli all’identità di un uomo che sentiamo distante e che, a differenza dei politici che ci hanno governati finora, sembra impenetrabile. Molti hanno accolto questa novità come una buona notizia, la possibilità di purificarsi dalla sovraesposizione mediatica dei leader.

    Ma se da un lato, in questo silenzio, potrebbero essere altre figure a disegnare il volto del nuovo governo, parlando al suo posto, la santificazione di Draghi da parte dell’uomo “normale e comune” come il droghiere e il meccanico è stucchevole, perché legge in ogni gesto l’indizio di una personalità perfetta.

    Se la cravatta azzurra con motivi cuneiformi era diventata il simbolo del quantitative easing, il cornetto di soia al mattino cosa può raccontarci? Il meglio possibile, perché abbiamo bisogno di credere che il nostro nuovo premier sia il migliore, così speciale eppure così umano, simbolo di una realtà idealizzata che siamo soliti attribuire a vip, principi e regine. Chissà che in questo caso, tra un brasato e un cappuccino, non possa davvero salvarci.

    Leggi anche: Draghi, il suo edicolante: “Compra 7/8 giornali ogni giorno: dal Fatto alla Verità” 2. Il diktat di Draghi ai ministri: parlate solo quando ci sono provvedimenti da spiegare

     

     

     

     

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