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    Coronavirus, fare bene fa guadagnare: ed è meglio così

    Un elemento che colpisce di questi giorni è l’abilità di media e leader politici di mascherare o omettere l’esistenza di incentivi del mercato, come guadagno, offerta e domanda. Ma se le aziende del tessile riusciranno a sopravvivere producendo le mascherine, che male c’è? L'opinione di Elisa Serafini

    Di Elisa Serafini
    Pubblicato il 28 Mar. 2020 alle 13:06 Aggiornato il 29 Mar. 2020 alle 19:38

    Coronavirus, gli incentivi economici non sono un tabù. Far bene fa guadagnare

    Un elemento che colpisce di questi giorni è l’abilità di media e leader politici di mascherare o omettere l’esistenza di incentivi del mercato, come guadagno, offerta e domanda. È un atteggiamento che considero sbagliato, perché induce le persone a ritenere che i meccanismi economici non funzionino o, peggio ancora, non esistano, quando questi, che piacciano o no, sono presenti nei nostri sistemi sociali da quando esiste l’uomo.

     

     

     

    Per comprendere meglio il fenomeno, facciamo qualche esempio, legato a questi giorni. Si è parlato a lungo delle aziende del tessile che hanno scelto di convertire la propria linea produttiva verso camici e mascherine. Una standing-ovation, ma quello che non è stato raccontato, ed è questo a risultare inspiegabile, è che il primo incentivo delle aziende non è stato solo la generosità, ma la necessità.

    L’aumento della domanda di questo prodotti ha fatto aumentare i prezzi, inducendo aziende a riconvertire la produzione, per poter sopravvivere, prima ancora che poter rendere un giusto servizio al Paese. Sostenere i propri dipendenti e creare valore per azionisti e consumatori è il primo obiettivo delle aziende, un obiettivo legittimo, necessario per la sopravvivenza. D’altronde nessuno vorrebbe che degli operai lavorassero alla produzione di mascherine senza essere pagati, per primi, i rappresentanti sindacali.

    Questa conversione permetterà di avere una maggiore offerta di mascherine e di camici, che dovrebbe aiutare a soddisfare la domanda, e, ad un certo punto, ridurre anche il prezzo. Una dinamica simile era stata registrata durante la crisi della Guerra del Golfo, quando l’aumento del prezzo aveva incentivato le aziende ad esplorare nuovi giacimenti, anche con metodi più dispendiosi.

    In mancanza di personale ospedaliero, lo Stato ha poi ritenuto di dover attivare una campagna “acquisti” per reclutare infermieri e medici. I media hanno titolato “infermieri volontari”, questo è in parte corretto: volontari nel senso che nessuno li obbliga a prestare questo servizio, ma la disponibilità è pagata: oltre lo stipendio, duecento euro al giorno. Che sia tanto o poco, non sta a noi stabilirlo, ma a chi ha fatto domanda, e si trattava di migliaia di persone.

    Infine la tecnologia, e l’innovazione: abbiamo assistito a centinaia di iniziative lodevoli, messe in atto dalla “Solidarietà digitale” promossa dal Ministro dell’Innovazione Paola Pisano. Oltre a queste iniziative di responsabilità sociale, sono state attivate numerose azioni tecnologiche: dalla stampa 3D all’adattamento delle maschere d’ossigeno. Operazioni che permetteranno alle aziende di guadagnare, salvando vite umane.

    Oltre a questo, esistono poi migliaia di aziende, imprenditori e cittadini che hanno scelto di donare fondi in via caritatevole. Milioni di euro che andranno a sostenere i costi sanitari e strutturali di questa emergenza. Una gara di solidarietà che regala speranza all’intero Paese. La solidarietà aiuta le aziende: è dimostrato che investire nel generare esternalità positive, aiuta le imprese a creare valore, a vendere di più ed andare meglio in borsa. Ma queste azioni devono necessariamente essere subordinate a meccanismi di efficienza e di creazione del valore.

    È bene quindi non nascondere l’esistenza degli incentivi economici, meccanismi che hanno permesso alle società di creare benessere e di togliere dalla povertà e dall’indigenza milioni di persone nel mondo. È bene ricordarcelo, nel caso in cui qualcuno si dimentichi che per produrre una mascherina, un camice o un farmaco è pur sempre necessario pagare i lavoratori. Altrimenti quella da generosità, si trasformerà in schiavitù.

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