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    Altro che Venezuela, i veri interessi dell’Italia si chiamano Libia ed Egitto

    Credit: Abdullah DOMA / AFP

    Restare fuori dalla disputa Maduro-Guaidò, rimanere neutrali e agire per la mediazione tra le parti, è il minimo che si debba fare in questa fase storica: noi non siamo isolati sul Venezuela ma sulla Libia e sull’Egitto

    Di Alberto Negri
    Pubblicato il 6 Feb. 2019 alle 07:30 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:56

    Come al solito gli italiani e i loro leader politici fanno confusione tra ideologia, politica estera e interessi nazionali. I media e i giornali, sempre proni al più becero conformismo, accomunano la vicenda Venezuela alla Tav ma non alla Libia o all’Egitto e parlano di isolamento italiano.

    All’Italia non dà retta nessuno da tempo e la storia è cominciata ben prima di questo governo, anzi l’esecutivo attuale è il risultato di questo isolamento. L’Italia venne già isolata nel 2011 quando decisero di far fuori Gheddafi, la sua caduta è stata la maggiore sconfitta del Paese dalla seconda guerra mondiale che ha destabilizzato l’intero quadro politico.

    Con il leader libico il 30 agosto 2010, sei mesi prima che iniziassero i raid, l’Italia aveva firmato un trattato economico, di difesa e cooperazione approvato da oltre il 90 per cento del Parlamento. Gheddafi era un dittatore ma era il “nostro” dittatore, che aveva scelto l’Italia come partner principale nell’energia a scapito degli altri paesi europei come Francia e Gran Bretagna.

    In poche parole il leader libico era la nostra carta geopolitica maggiore sul quadrante del Mediterraneo e si era impegnato a tenersi i profughi africani in campi che non avevano alcuno standard internazionale ma che non erano purtroppo diversi da quelli attuali. Il primo disastro umanitario lo abbiamo sotto gli occhi e l’Europa e gli Usa non fanno nulla per rimediare al disastro.

    I paesi che allora attaccarono la Libia, passando sopra il nostro spazio aereo senza neppure farci una telefonata, sono Francia, Usa e Gran Bretagna, che non hanno mai sostenuto l’Italia, e mai la sosterranno, nel contenere il disastro libico e dei profughi.

    L’Italia nel 2011 commise il grave errore di accodarsi ai raid della Nato e di concedere le sue basi anche sotto il ricatto che tra i bersagli dei nostri alleati c’erano pure i terminali di gas dell’Eni. Hanno fatto quindi leva sulla nostra paura di restare isolati per isolarci ancora di più.

    La nostra partecipazione ai raid ha fatto crollare la credibilità dell’Italia sulla Sponda Sud: avevamo abbandonato e persino bombardato il nostro maggiore alleato. In sintesi, invece di aiutarci, ci hanno messo con le spalle al muro. Ci hanno ricattati e noi siamo caduti nella trappola. Anzi di più.

    Questi stati hanno in seguito sistematicamente sabotato i tentativi italiani di ricomporre i dissidi laceranti tra le fazioni libiche infilando i loro rappresentanti nell’amministrazione di Tripoli. Tanto è vero che quando la Libia si spaccata tra governo di Tripoli e di Tobruk la Francia si è schierata dall’altra parte, appoggiata da Russia, Egitto ed Emirati.

    La frattura è diventata ancora più profonda quando il generale Khalifa Haftar ha preso il controllo della Cirenaica battendo l’Isis e gli islamisti. Oggi l’Italia sostiene a Tripoli un governo Sarraj riconosciuto dall’Onu ma appoggiato da Fratelli Musulmani, Turchia e Qatar. Un governo in realtà boicottato dagli altri partner dell’Italia che hanno come obiettivo non solo le risorse energetiche libiche ma anche far fuori i Fratelli Musulmani, la parte perdente di questa fase storica mediorientale.

    L’Italia, vulnerabile alle ondate di profughi e soprattutto alle sue incertezze politiche, è in pratica in conflitto con quelli che dovrebbero essere i suoi alleati europei. Gli stessi Stati Uniti mantengono un atteggiamento ambiguo: non dimentichiamo che Haftar è un cittadino americano.

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    Restare fuori dal Venezuela, rimanere neutrali e agire per la mediazione tra le parti, è il minimo che si debba fare in questa fase storica: spiegatelo con delicatezza anche a Guaidò che non sa neppure dov’è il Mediterraneo e quali guerre ci siano state qui, civili e internazionali. Imparerà così qual è la solidarietà degli ipocriti alleati occidentali ed europei dell’Italia [qui le ultime notizie sul caos in Venezuela].

    I morti qui li abbiamo già avuti affogati in mare e per le guerre scatenate dagli Usa e dai loro alleati. Non le abbiamo volute noi, siamo stati loro complici contro i nostri stessi interessi. Noi non siamo isolati per il Venezuela o la Tav ma sulla Libia e sull’Egitto: abbiamo forse ricevuto qualche solidarietà per il caso Regeni? Non mi pare, se non qualche dichiarazione di prammatica. Anzi questa totale assenza di solidarietà rende ancora più debole il nostro Paese nel suo legittimo tentativo di chiedere giustizia.

    Il Venezuela non ha niente a che vedere con questo ma non è neppure un banco di prova della nostre aspirazioni alla giustizia e alla democrazia: per noi il banco di prova sono Libia ed Egitto. E su questi punti l’Europa e gli Usa sono sordi e muti.

    Certo non si parla di democrazia per l’Egitto, l’Arabia Saudita o gli Emirati, che massacrano i civili in Yemen. E tanto meno se ne parla a proposito di Erdogan, che riempie le prigioni di oppositori e curdi ma ci ricatta sui profughi tenendo tre milioni di rifugiati sotto pagamento europeo (6 miliardi di euro). Quindi smettiamola di fare i buffoni di corte con gli Usa e l’Europa sul Venezuela.

    Se proprio vogliamo fare gli interventisti facciamolo contro gli scafisti e le milizie criminali sulle coste della Libia, lo prevede anche la missione europea Sophia. Altrimenti troviamo qualcuno che lo faccia al posto nostro ma piantiamola di fare i ridicoli difensori della democrazia a migliaia di chilometri da qui per gli interessi altrui. I nostri interessi legittimi noi non li abbiamo saputi difendere e sono minacciati dai nostri stessi alleati. Siamo sotto gli effetti della guerra che nel 2011 è stata mossa indirettamente all’Italia e di cui paghiamo direttamente le conseguenze. Se vi pare poco.

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