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Venezia: il modulo d’iscrizione a scuola chiede di specificare se si è Rom

Di Enrico Mingori
Pubblicato il 13 Lug. 2019 alle 11:04 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 03:05

Venezia modulo iscrizione scuola rom

In una scuola di Fossò, piccolo Comune veneto a metà strada tra Venezia e Padova, viene chiesto ai genitori che intendono iscrivere i propri figli di specificare se sono di etnia Rom o Sinti. Il caso sta suscitando accese polemiche: lo screenshot del modulo di iscrizione è diventato in poche ore virale, suscitando commenti sdegnati ma anche messaggi di sostegno alla scuola.

La scuola da cui proviene il modulo sarebbe l’Istituto comprensivo di Fossò, che comprende una scuola primaria e una secondaria di secondo grado. La direzione scolastica, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Ansa, si sarebbe giustificata sostenendo che l’atto “serve a favorire l’integrazione”.

A denunciare la vicenda è stato lo sportello sociale Gruppo di acquisto popolare (Gap) di Padova, che fa capo alla sezione locale di Rifondazione comunista. Gap Padova ha pubblicato sulla propria pagina Facebook l’immagine del modulo, cerchiando in rosso le caselle nelle quali viene chiesto ai genitori, appunto, di specificare se il bambino che si vuole iscrive a scuola è “nomade” e, in tal caso, se è di etnia “Rom”, “Sinti” o “Camminante”.

“Questo è il modulo che l’Istituto comprensivo di Fossò (VE) fornisce alle famiglie che intendono iscrivere i propri bambini a scuola” si legge nel post. “Crediamo sia in atto un abuso ed una discriminazione gravissima! Questo modulo va immediatamente ritirato perché vìola la nostra Costituzione, la legge Mancino e le normative europee che vietano qualsiasi censimento che faccia riferimento all’origine etnica dei cittadini. Non crediamo servano ulteriori commenti. L’immagine parla da sé”.

A informare l’associazione è stato un gruppo di famiglie, i cui figli frequentano, o vorrebbero frequentare, la scuola. Tra i commenti al post, alcuni utenti paragonano l’azione della scuola alla schedatura degli ebrei ai tempo dell’Olocausto, mentre secondo altri “non c’è nulla di strano”. “Noi cittadini italiani siamo costretti a dichiarare persino quante volte andiamo al gabinetto, e secondo questi chiedere la provenienza è un abuso?”, si chiede ad esempio Nico.

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