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Se le parole di un 15enne sono più incisive dell’intera classe politica

Di Luca Telese
Pubblicato il 5 Apr. 2019 alle 12:15 Aggiornato il 18 Apr. 2019 alle 09:24

Ignorato dai giornali di destra e catapultato in prima pagina da quelli di sinistra, celebrato dal corsivo di Massimo Gramellini sul Corriere della sera, è diventato per un giorno il cappuccio più famoso del web.

Cosa sappiamo finora sulla vicenda di Torre Maura 🎧

Simone, 15 anni, ragazzo con felpa, figlio di un padre disoccupato (che non a caso si autodefinisce “licenziato grazie al Jobs act dalla sinistra riformista”) e di una madre che fa la maestra elementare, studente del primo anno nel liceo linguistico dell’Anagnina.

Simone abita a Torre Maura, alle case Isveur e si è buttato, armato solo delle sue parole, in mezzo a quelli che facevano la guerra agli “zingari” del centro di Codirossoni.

Simone si è messo a duellare dialetticamente con due dirigenti di CasaPound (il più noto era Mauro Antonini, già candidato per Casapound alla regione, l’altro Giuseppe Silvestre, un militante neofascista del quinto municipio) e subito li ha messi in mora: “Io sono di Torre Maura e non sono d’accordo, tu di dove sei?”.

È bastata questa frase per far cadere l’immagine della rivolta di quartiere. Poi (il bello è che a riprenderle erano quelli di Casapound!) sono arrivate le frasi che sono diventate tormentone: “So’ nato a Villa Irma e quello che sta a fa’ lei è una leva sulla rabbia della gente”.

Torre Maura, parla un’abitante: “È colpa della Raggi se abbiamo dato spazio agli sciacalli di CasaPound e Forza Nuova”

E qui la trovata geniale non era il ricorso alla parola “leva”, o “stereotipo”, ma “il lei”, rivolto al fascio pop il cranio rasato, che restava letteralmente interdetto, e sembrava la rappresentazione di quella battuta di Woody Allen: “Non sopporto la gente che mi tratta dal basso in alto”.

Quindi, l’acuto: “A me ‘sto fatto che bisogna andare sempre contro la minoranza non sta bene. Nun me sta bene che no!” (il potere della relativa rafforzativa romanesca).

“Siamo sessanta milioni e non ci possono creare problemi settanta zingari”.

Simone ha messo al centro il suo io, la sua prima persona, la sua testa che pensa, contro la massa indistinta e il cosiddetto senso comune. E ha cancellato con la sua intelligenza le pedate nere di rabbia sulle fette di pane.

“Quegli sporchi zingari che nessuno vuole: la vergogna del pogrom anti-rom a Torre Maura”

“Secondo me nessuno deve essere lasciato dietro. Né italiani, né rom, né africani, né qualsiasi tipo di persona. Io non ho nessuna fazione politica dietro. Io so’ di Torre Maura e ragiono con la testa mia”.

E allora gli hanno detto: “Ma sei uno su cento…”. Come dire che il suo parere controcorrente non aveva nessun peso, che lui era minoritario e irrilevante. E lui “Sarò pure uno su cento, come dite, ma da voi non mi faccio spingere. Ragiono di testa mia, mia madre mi aveva detto di non venire alla manifestazione”.

È bello che ci fosse la testa luminosa di Simone, davanti alle teste lucide di Casapound, ma bisognerebbe chiedersi perché non c’erano Zingaretti, o Renzi, o i cento deputati dell’opposizione.

Come a Castelnuovo di Porto dove a protestare contro la deportazione dei migranti erano le madri dei compagni di scuola dei bambini extracomunitari.

Pensateci: davanti ai Cara, davanti ai presidi di Casapound sulle strutture di accoglienza, nelle periferie infuocate, in questi mesi c’è stata solo e sempre la voce della società civile. Il che è un buon segno per la società civile, ma un pessimo segno per la politica.

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