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    Regeni, il legale dal Cairo: “Perché chi cerca la verità per Giulio è in prigione e al-Sisi è accolto tra gli onori?”

    Ahmed Abdallah, del consiglio di amministrazione della Commissione egiziana per i diritti e le libertà si domanda come mai il governo italiano ignori che molti legali e attivisti che si muovono per Giulio Regeni ora sono in prigione

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 16 Nov. 2018 alle 13:03 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:57

    “Cosa è successo? Vedere il tappeto rosso per al-Sisi mentre quelli che cercano la verità per Giulio sono in prigione è molto deludente. Per quasi 3 anni fino ad ora non abbiamo sentito altro che parole. E invece abbiamo bisogno di azioni, vogliamo una cooperazione assoluta, vogliamo sapere chi sono i responsabili della tortura e della morte di Giulio”.

    A parlare al quotidiano La Repubblica è Ahmed Abdallah, presidente del consiglio di amministrazione della Commissione egiziana per i diritti e le libertà, che affianca la famiglia Regeni dal Cairo.

    Abdallah, probabilmente proprio per il suo lavoro nella ricerca della verità sull’assassinio del ricercatore italiano, nel 2016 è rimasto in carcere per sei mesi. La stessa sorte capitata ora ad Amal Fathy, la moglie di un altro consulente dei Regeni al Cairo.

    Anche di Ibrahim Metwally, anche lui del team legale dei Regeni al Cairo, non si sa più nulla da mesi.

    Le parole del consulente Abdallah lasciano spazio a pochi dubbi: si sta parlando del vertice di Palermo sulla Libia che, appena conclusosi, durante il quale è stata riservata una calorosa accoglienza al presidente egiziano Abdel al-Fattah al-Sisi.

    In tanti si chiedono come sia stato possibile invitare con tutti gli onori della cronaca il capo di un regime che ancora nasconde, quasi tre anni dopo, verità sul sequestro, la tortura e l’assassinio di Giulio Regeni.

    Il governo italiano, come ha spiegato il ministro degli Esteri, Enzo Moavero, ha assicurato che “la questione di Giulio Regeni è stata tra gli oggetti dell’incontro bilaterale”.

    In questi mesi, i due vicepremier – Matteo Salvini e Luigi Di Maio – hanno assunto posizioni differenti e mutevoli nel tempo nei confronti dell’Egitto e della mancata verità sull’omicidio Regeni.

    Salvini in un primo momento ha dichiarato di non voler mettere in crisi i rapporti tra i due paesi per la ricerca della verità sulla morte del ricercatore, poi, con un improvviso cambio di rotta, ha deciso di incontrare il presidente al-Sisi e le autorità egiziane per fare pressioni sulle indagini.

    Oggi compie un nuovo passo indietro e la sua posizione sembra ben lontana da quella che dichiarava nel 2016:

    In questa intervista video del 13 aprile 2016, ad esempio, il leader leghista aveva detto che l’Egitto stava prendendo in giro l’Italia e che il governo italiano non aveva mostrato sufficiente determinazione nell’approfondire la vicenda.

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