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“Vai via, questo non è l’ufficio del veterinario”, italo-senegalese respinto alla Asl

Ibrahima Diop
Di Anton Filippo Ferrari
Pubblicato il 30 Lug. 2018 alle 17:43 Aggiornato il 30 Lug. 2018 alle 17:48

Ibrahima Diop, 39 anni, nato in Senegal ma in Italia dal 2000, è stato vittima di un brutto caso di razzismo all’interno di una Asl dove si era presentato per chiedere delle informazioni.

“Dovevo rinnovare il libretto sanitario – ha raccontato -, volevo sapere soltanto quali fossero i documenti da portare agli uffici dell’azienda sanitaria locale”. Ma alle sue domande un solerte impiegato lo ha pesantemente insultato: “Che vuoi? Vattene. Questo non è l’ufficio del veterinario…”, si è sentito urlare contro Ibrahima.

Parole pesanti che hanno spiazzato e amareggiato l’uomo che lavora a Roseto (Abruzzo) e si è perfettamente integrato nella cittadina dove ha pure trovato moglie, un’italiana, e preso la cittadinanza.

“Un esempio di perfetta integrazione” dicono gli amici abruzzesi. In diciott’anni non ha mai ricevuto offese, né tantomeno minacce: “Certo, ogni tanto qualche battutaccia, ma niente di grave”, ha raccontato. Almeno fino all’incontro con l’impiegato della Asl.

Ibrahima, una volta tornato a casa e parlato con la moglie, ha poi deciso di sporgere denuncia: “Mai come in quel momento mi sono sentito umiliato, è giusto che chi ha sbagliato paghi”, ha tuonato.

Una volta arrivato al comando dei carabinieri, ha raccontato tutto e la sua storia è stata subito ripresa e rilanciata su Twitter da diversi utenti.

Tantissimi gli attestati di solidarietà, qualche commento becero come sempre, ma subito zittito da altri post social.

Ma chi è stato ad insultare Ibrahima? Il nome non è stato fatto. La stessa vittima dell’insulto non lo conosce. “Avrà avuto 50-60 anni, alto, capelli grigi, occhiali”, le parole dell’italo-senegalese.

Gli altri dettagli li ha rivelati ai carabinieri che stanno effettuando le indagini per risalire all’autore delle offese razziste.

Una volta individuato il razzista non rischierà solo guai penali, ma – probabilmente – pure di perdere il lavoro. Ma per questo è presto. Prima bisognerà trovare il responsabile e confermare le accuse.

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