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Caso Stamina, a Torino si decide il rinvio a giudizio del “guru” Davide Vannoni

Di Redazione TPI
Pubblicato il 21 Gen. 2019 alle 14:02 Aggiornato il 22 Gen. 2019 alle 20:55

Una storia senza fine quella, che nei giorni della sua nomina a Palazzo Chigi ha addirittura rischiato di travolgere Giuseppe Conte. Protagonista: Davide Vannoni, laureato in Scienze della comunicazione e inventore del metodo Stamina, una pratica medica priva di validazione scientifica che, attraverso infusioni di cellule staminali, promette di curare malattie neurodegenerative.

Il giudice dell’udienza preliminare di Torino deciderà se rinviare a giudizio Vannoni, accusato di aver continuato a curare i pazienti in Georgia nonostante il divieto deciso dopo il patteggiamento del marzo 2015, quando l’imputato aveva concordato una condanna a 1 anno e 10 mesi con sospensione condizionale della pena.

Il filone bis dell’indagine ha preso avvio nell’aprile 2017, quando i carabinieri del Nas di Torino hanno intercettato alcune telefonate di Vannoni, impegnato nella ricerca di una nuova località estera, Ucraina, Bielorussia, Santo Domingo, dove curare i propri pazienti. Vannoni è stato bloccato dai militari proprio mentre era in procinto di lasciare l’Italia.

Da successivi approfondimenti è emerso che aveva già somministrato infusioni a una cinquantina di pazienti italiani in Georgia, proponendo due pacchetti: il primo, da tre infusioni, a un costo di 18mila euro, il secondo, da cinque infusioni, da 27mila euro.

Per accedere alle cure i malati, tutti affetti da gravi malattie neurodegenerative, erano inoltre costretti a pagare una quota pari a 5 mila euro all’associazione “Prostamina Life”, che fra le altre cose aveva il compito di organizzare i viaggi a Tbilisi.

Mentre i carabinieri fermavano Vannoni nella propria abitazione di Torino, nel Cuneese e in provincia di Palermo, i militari hanno perquisito le abitazioni della biologa Erica Molino e di Rosalinda La Barbera, presidente dell’associazione Prostamina Life, entrambe indagate nell’inchiesta, coordinata dal pm Vincenzo Pacileo.

Per Vannoni l’accusa è di associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità, truffa aggravata e somministrazione di farmaci non conformi.

Nel giugno 2017 a Vannoni, reduce da un ricovero in ospedale, sono concessi gli arresti domiciliari. “Non è stata smentita l’ipotesi di accusa” spiega il legale difensore Liborio Cataliotti “ma si sono attenuate le esigenze cautelari. In questi mesi, inoltre, il mio assistito si è sempre comportato bene”.

Al fondatore si Stamina vengono inoltre restituiti i 40 mila euro frutto della vendita della sua auto di lusso, denaro che gli era stato sequestrato dopo l’arresto e che, secondo gli inquirenti, sarebbe servito al fondatore di Stamina per lasciare l’Italia e continuare a somministrare infusioni di cellule staminali all’estero.

Nel maggio 2018 la Procura di Torino ha avanzato una richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Vannoni che nel frattempo, dopo gli arresti domiciliari, l’obbligo di dimora e il divieto di espatrio, non è sottoposto ad alcuna misura cautelare.

A ottobre, attraverso il suo avvocato, l’imputato offre un rimborso di 20 mila euro ai pazienti che avevano pagato per sottoporsi al trattamento e che a causa del “blocco” ordinato nel 2016 dalle autorità italiane non hanno potuto usufruire delle infusioni. Una cifra giudicata “largamente insufficiente” dalle 14 parti civili.

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