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    Omicidio Regeni: la procura del Cairo respinge l’indagine italiana sui 7 agenti segreti egiziani

    Credit: ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images
    Di Clarissa Valia
    Pubblicato il 2 Dic. 2018 alle 18:04 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:57

    La procura generale d’Egitto ha respinto la richiesta ufficiale dei pm italiani di inserire sette agenti dei servizi egiziani nella lista degli indagati per il rapimento e l’uccisione del ricercatore italiano Giulio Regeni.

    A riportare la notizia è l’agenzia di stampa egiziana, Mena, che cita una fonte giudiziaria.

    Secondo i magistrati del Cairo – scrive l’agenzia di stampa – “non ci sono abbastanza prove per indagare le persone indicate” dai pm italiani e inoltre una richiesta simile era già stata respinta nel dicembre 2017  perché “nel sistema giudiziario egiziano non esiste un registro dei sospettati”.

    Secondo gli inquirenti del Cairo non è sufficiente il fatto che le persone indicate dalla procura di Roma pedinassero Giulio Regeni prima del suo omicidio, perché questo “rientra nel loro lavoro”.

    La Procura egiziana chiede invece ai magistrati romani di indagare sul “perché Giulio Regeni sia entrato in Egitto con un visto turistico e non con un visto dedicato per le ricerche accademiche”.

    Omicidio Regeni, 7 agenti segreti del Cairo indagati dalla Procura di Roma

    La Procura di Roma ha deciso di formalizzare l’iscrizione nel registro degli indagati di alcuni dei nove soggetti, tra poliziotti egiziani e agenti del servizio segreto civile, ritenuti coinvolti nell’omicidio di Giulio Regeni.

    Sette agenti dei servizi segreti egiziani saranno indagati a Roma per il reato di sequestro di persona nell’ambito dell’inchiesta sulla scomparsa, sulle torture e sulla morte di Giulio Regeni. La Procura della capitale procederà formalmente alla loro iscrizione all’inizio della prossima settimana.

    Dalle indagini tecniche sui tabulati telefonici che il Procuratore Giuseppe Pignatone e il pm Sergio Colaiocco hanno affidato alla squadra investigativa di Ros e Sco è emerso che i 7 agenti segreti del Cairo hanno monitorato i contatti, le frequentazioni e i movimenti di Giulio Regeni almeno fino al 25 gennaio del 2016.

    Gli esiti di questi approfondimenti erano stati portati a conoscenza delle autorità egiziane da almeno un anno così come i nomi degli 007 che gli inquirenti romani intendono mettere sotto indagine.

    Secondo gli investigatori di Ros e Sco, gli indagati hanno avuto un ruolo nel sequestro del 28enne ricercatore di origine friulana e nelle attività di depistaggio che hanno fatto seguito al ritrovamento del cadavere.

    La decisione  è stata comunicata dai pubblici ministeri di piazzale Clodio ai magistrati egiziani durante un vertice congiunto a Il Cairo. Oltre a rinnovare la collaborazione tra le autorità giudiziarie di Roma e del Cairo, la Procura di Roma ha deciso di procedere indipendentemente sul caso.

    I pm hanno quindi comunicato che l’iscrizione dei nomi degli indagati “costituisce un passaggio obbligato per il nostro ordinamento processuale, step che la legislazione locale non contempla”.

    “Fermi restando i buoni rapporti tra i due uffici che si sono impegnati a incontrarsi di nuovo per fare il punto delle indagini, la Procura di Roma, insomma, ritiene che oltre due anni di accertamenti e ben dieci incontri tra inquirenti finalizzati allo scambio di atti e di informazioni siano più che sufficienti per dare una significativa accelerazione all’inchiesta. Accelerazione che non avrà ripercussioni sull’attività congiunta che andrà avanti ancora con la magistratura del Cairo nei prossimi mesi”.

    I magistrati della Procura di Roma e della Repubblica Araba d’Egitto, che indagano sul sequestro, sulle torture e sulla morte del 28enne ricercatore di origine friulana, scomparso al Cairo il 25 gennaio 2016 e il cui cadavere è stato ritrovato il 3 febbraio, si sono incontrati tra il 27 e il 28 novembre 2018  per scambiare “grazie al buon rapporto tra i due uffici, i rispettivi punti di vista sullo stato delle indagini”.

    “Al termine dell’incontro le parti hanno riaffermato la determinazione a proseguire le indagini e incontrarsi nuovamente nel quadro della cooperazione giudiziaria fino all’individuazione certa dei responsabili” della morte del ragazzo.

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