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    Volti, nomi e storie di chi è implicato nel caso Regeni

    Chi sono i personaggi più importanti coinvolti nel brutale omicidio del ricercatore friulano scomparso il 25 gennaio 2016

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 24 Gen. 2018 alle 23:09 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:00

    Il 25 gennaio 2016 Giulio Regeni, il ricercatore di Fiumicello, in provincia di Udine, viene rapito al Cairo per poi essere ritrovato senza vita nove giorni dopo nei pressi di una prigione dei servizi segreti egiziani.

    Questa notizia puoi leggerla direttamente sul tuo Messenger di Facebook. Ecco come

    Proprio a poche ore dall’anniversario della sua scomparsa, spunta un documento anonimo che, se autentico, proverebbe che Giulio era stato sequestrato dagli 007 civili e poi consegnato ai militari di al-Sisi.

    Sarebbero stati loro a torturarlo e ucciderlo.

    Il documento, datato 30 gennaio 2016, secondo la ricostruzione de La Repubblica, è nel fascicolo d’inchiesta della Procura di Roma.

    È firmato da tale colonnello Khaled Faouzi, e porta il timbro dell’intelligence civile, la Nsa, che gli investigatori italiani indicano come la struttura che mise sotto osservazione Regeni.

    Leggi anche: SPECIALE: Dentro l’affaire Giulio Regeni, la verità mancata

    Nel verbale viene certificato il trasferimento di Giulio dal servizio segreto civile a quello militare e il giovane ricercatore viene indicato come “cittadino italiano, accusato di spionaggio per conto dei servizi informativi esteri britannici e di organizzazione con soggetti terzi ai fini di destabilizzare il paese e provocare disordini pubblici finalizzati alla caduta del governo egiziano in occasione dei festeggiamenti di popolo per il quinto anniversario della gloriosa rivoluzione del gennaio”.

    Bugie, tradimenti, depistaggi e sospetti: ma chi c’è dietro la morte del giovane ricercatore friulano?

    Giulio si fidava molto, troppo delle persone, anche di chi col tempo ha ricambiato quella fiducia con un vero tradimento.

    Gli attori coinvolti sono molti: colonnelli, maggiori e persino generali potrebbero essere i diretti responsabili, come emerso da una prima lettura del faldone di oltre mille pagine, redatto dagli investigatori italiani del Ros e dello Sco che per mesi hanno incrociato dati e tabulati sulla base delle carte consegnate.

    TPI ha individuato quelli che per ora sembrano essere i protagonisti che ruotano intorno a una morte ancora avvolta dal mistero, e continua a chiedere verità.

    Mohamed Abdallah

    Mohamed Abdallah è il capo del sindacato indipendente degli ambulanti che ha finto di voler aiutare Giulio nella sua ricerca e che lo ha invece tradito e consegnato nelle mani dei carnefici.

    In tutte le sue testimonianze, comprese quelle fatte ai quotidiani locali egiziani, Abdallah ha sempre mentito, con versioni discordanti che hanno messo in evidenza le intenzioni poco trasparenti dell’uomo.

    Abdallah non si è mai sottratto alle domande dei cronisti e si è sempre esposto. Le cose però sono cambiate da quando le indagini hanno cominciato a prendere un po’ più di sostanza.

    È da ottobre circa che dell’uomo non si hanno più notizie. Nessuno sa dove sia, non risponde ai messaggi e alle telefonate. Sembra sparito nel nulla.

    Sulla sua figura pesano le ombre di una denuncia effettuata contro Regeni il 7 gennaio 2016, esattamente cinque giorni dopo il fallimento della richiesta del ricercatore per un finanziamento di 10mila sterline rivolto agli ambulanti, affinché potessero partecipare a un bando promosso da una fondazione inglese. 

    Per mesi Mohamed Abdallah nega di aver fatto quella denuncia, ma a metà settembre del 2016 cambia completamente la sua versione: nelle dichiarazioni rilasciate all’ Huffington post arabo se ne assume la responsabilità per “amor di patria”.

    Abdallah è l’uomo che di nascosto registra un video raccogliendo alcune dichiarazioni di Giulio con la speranza, vana, di poterlo incastrare.

    Nel video, registrato il 6 gennaio 2016, l’uomo chiede denaro per curare la propria moglie malata di cancro. Regeni rifiuta di dargli quel denaro ma prospetta la possibilità di finanziare la raccolta di informazioni sul sindacato e i suoi bisogni.

    È proprio il video invece a confermare il coinvolgimento della polizia nel caso Regeni: sarebbe infatti stato girato grazie a una telecamera nascosta in un bottone della camicia di Abdallah con un’apparecchiatura in dotazione alla polizia del Cairo.

    Ma alle domande incalzanti e tendenziose dell’uomo, Giulio dà risposte ineccepibili che confermano la sua trasparenza e buona fede.

    Quando il ricercatore friulano incontra per la prima volta Mohamed Abdallah, entra in scena un’altra persona: si tratta di Noura Wahby, sua compagna di studi a Cambridge, che fa una telefonata di meno di trenta secondi ad una persona che poi contatta il quartier generale della National Security.

    Accade una quindicina di volte. In alcuni casi è l’uomo a cercare Noura e lei subito dopo a telefonare a Giulio.

    Noura Wahby

    Egiziana, compagna di studi di Regeni a Cambridge, è lei a lanciare l’allarme su Twitter quel 25 gennaio ad appena cinque ore dalla scomparsa.

    Da subito dice “Giulio è il mio miglior amico”. È lei che lo aiuta a trovare l’appartamento da condividere con l’avvocato Mohamed El Sayed.

    Quando si apprende della scomparsa di Giulio, la ragazza dal suo profilo Facebook implora “trovatelo, per favore” e si dimostra attiva nel chiedere aiuto e sostegno.

    Eppure non parlerà mai con le autorità italiane e rilascerà dichiarazioni solo all’Fbi. 

    Rispetto alle chiamate intercorse con l’uomo che a sua volta contatta la National Security, Noura riferisce che si tratta solo di casualità e che quell’uomo è solo un amico.

    La procura di Roma ha da tempo presentato una rogatoria a Cambridge per sentire Noura, ma non ha avuto risposte. 

    Anche lei, come Mohamed Abdallah e Mohamed El Sayed, sembra svanita nel nulla. 

    Mohamed El Sayed

    Mohamed El Sayed è l’avvocato che condivideva l’appartamento con Giulio Regeni e Juliane Schoki, insegnante di tedesco.  

    El Sayed, professionista in uno dei più antichi studi legali del Cairo, sospettava di Giulio, credeva fosse una spia al servizio del Mossad.

    Secondo il New York Times, i funzionari italiani sono arrivati alla conclusione che nel mese precedente alla sparizione di Giulio, El Sayed permise a funzionari dell‘agenzia di sicurezza nazionale di perquisire il loro appartamento.

    Nelle settimane successive, come risulta dai tabulati telefonici, El Sayed ha avuto contatti con due funzionari dell‘agenzia di sicurezza nazionale.

    El Sayed non ha risposto alle richieste di commento e risulta irreperibile da diversi mesi, ossia dall’ultima volta che i legali dei Regeni al Cairo sono riusciti a incontrarlo.

    Sharif Magdi Ibrqaim Abdlaal

    Il maggiore Sharif Magdi Ibrqaim Abdlaal è l’uomo che ha coordinato l’operazione di spionaggio di Giulio ed è lo stesso che ha falsamente accusato e fatto arrestare ad aprile 2016 Ahmed Abdallah, il presidente del consiglio d’amministrazione della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (Ecrf), rilasciato dopo sei mesi di carcere.

    È proprio il maggiore Sharif che Mohamed Abdallah, capo del sindacato indipendente, chiama subito dopo l’incontro con Regeni per consegnargli la telecamera nascosta.

    Il colonnello gli aveva promesso una ricompensa alla chiusura del caso Regeni.

    Osan Helmy

    Come hanno dimostrato i tabulati telefonici sviluppati in Italia da Sco e Ros, il colonnello Osan Helmy è uno degli agenti della National Security che aveva arruolato l’ambulante Mohammed Abdallah.

    Helmy è lo stesso che, nel marzo 2016, accolse in aeroporto gli agenti inviati dall’Italia affermando davanti a loro che né lui né i suoi colleghi avevano mai sentito pronunciare prima del ritrovamento del cadavere il nome di Regeni.

    Mahmud Hendy

    Mahmud Hendy è l’ufficiale che aveva collocato i documenti di Giulio a casa del capo della banda dei cinque giustiziati il 24 marzo del 2016, al termine di un conflitto a fuoco rivelatosi poi un tentativo di depistaggio.

    Il colonnello Osan Helmy, il colonnello Sharif Magdi Ibrqaim Abdlaal e il colonnello Mahmud Hendy sanno cose che fin qui non hanno mai detto.

    Magdi Abdel Ghaffar 

    È il principale sospettato degli errori investigativi sul caso Regeni. Poliziotto addestrato nelle forze di sicurezza centrale, capo delle spie, infine ministro, Ghaffar viene dallo stesso mondo di Al Sisi.

    Per l’omicidio di Giulio aveva parlato di un “incidente stradale”, “un omicidio a sfondo omosessuale”, “vendetta per fatti di droga”, una “rapina di criminali” finita male.

    Dal 1977 e fino alla nomina nel 2015 a ministro degli Interni da parte di al-Sisi, Magdi Abdel Ghaffar ha ricoperto incarichi di punta nella State security service, la principale agenzia d’intelligence interna, diventandone il capo dell’antiterrorismo e, durante la Primavera araba, il suo direttore.

    In una conferenza stampa tenuta al quartier generale della sicurezza nazionale egiziana al Cairo disse: “Non trattiamo assolutamente il ricercatore italiano come una spia ma come se fosse egiziano”.

    Ahmed Naji

    Ahmed Naji è il procuratore che inizialmente prese in carico l’indagine sull’omicidio di Giulio.

    Nelle prime ore dell’indagine, Naji disse ai giornalisti che Regeni aveva sofferto una morte lenta, e lasciò aperta la possibilità che la polizia potesse essere coinvolta. “Non lo escludiamo”.

    Ma poco dopo l’investigatore responsabile del caso suggerì che Regeni potesse essere morto in un incidente d’auto e passò il fascicolo al procuratore generale Nabil Ahmed Sadeq, più gradito agli uomini del presidente al-Sisi.

    Nabil Ahmed Sadeq

    Ex poliziotto e giudice d’appello, Nabil Ahmed Sadeq ha lavorato all’estero come giudice in Qatar, poi nella Cassazione egiziana, infine è stato ambiguamente nominato procuratore generale da al-Sisi nel 2015, dopo l’uccisione del predecessore, morto per lo scoppio di un’autobomba.

    I media egiziani lo indicano come un “indipendente lontano dalla politica” e su Regeni Sadeq ha dichiarato di indagare “in tutte le direzioni”, accantonando la pista dei rapinatori costruita da Ghaffar.

    Maha Abdel Rahman

    Maha Abdel Rahman era la tutor di Giulio Regeni a Cambridge.

    Una lunga esperienza di ricerca sul campo nell’ambito delle scienze politiche e della sociologia, numerose consulenze con prestigiose organizzazioni internazionali quali Oxfam e Unicef e una posizione da professore associato all’American University del Cairo, poi lasciata per l’Università di Cambridge. 

    Maha Abdelrahman è un’accademica egiziana e vanta una carriera di lungo corso.

    Proprio parlando della professoressa Rahman, Giulio aveva confidato le sue preoccupazioni a un amico qualche mese prima di essere sequestrato.

    I genitori di Regeni e l’avvocatessa Alessandra Ballerini, che li assiste nella battaglia per la ricerca della verità, hanno trovato nel computer del ragazzo le conversazioni telematiche in cui Giulio confidava le sue perplessità.

    Per la docente il giudice britannico aveva accettato l’ordine di investigazione europeo e lo scorso 9 gennaio la donna ha dovuto rispondere alle domande degli inquirenti italiani che stanno indagando sul caso.

    La procura di Roma ha perquisito l’ufficio e l’abitazione di Maha Abdel Rahman, acquisendo pc, pen-drive, hard disk e cellulare delle docente.

    Fino a oggi la Abdelrahman aveva comunicato solo due volte con gli inquirenti.

    La prima occasione era stata il giorno dei funerali di Giulio a Fiumicello (in questo contesto i magistrati italiani contestano che, a differenza degli altri conoscenti di Giulio, non ha consegnato loro pc e telefoni), mentre alcuni mesi dopo aveva scelto di rispondere con una mail alla polizia del Cambridgeshire.

    Sulla figura di Maha Abdel Rahman restano ancora molte ombre. In questi giorni la docente ha giurato, come due anni fa, che Giulio scelse da solo l’argomento della sua ricerca.

    Una versione che – osserva il quotidiano “La Stampa” – contraddice quanto confidato da Regeni alla madre in una chat di Skype del 26 ottobre 2015, nella quale affermava che “era stata proprio la docente ad insistere affinché lui svolgesse quella ricerca sul sindacato degli ambulanti della capitale egiziana”, indagine che gli fu fatale.

    Leggi anche:L’esercito di Al Sisi ha arrestato il legale egiziano della famiglia Regeni al Cairo con l’accusa di cospirazione”

    Leggi anche: Il presidente Al Sisi ha detto che il caso Regeni ha danneggiato l’Egitto

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