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“Il biotestamento è solo l’inizio, ora vogliamo una legge sull’eutanasia”, parla Marco Cappato

L'esponente radicale Marco Cappato commenta con TPI l'agognato risultato della legge appena approvata dal Senato sul biotestamento

Di Lara Tomasetta
Pubblicato il 14 Dic. 2017 alle 13:39

“Questa legge è un passo in avanti importante per il paese, perché permette la sospensione delle terapie senza soffrire, possibilità che prima era limitata a chi aveva la fortuna, i soldi, le conoscenze per capitare con i medici giusti”.

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A parlare è Marco Cappato, l’esponente radicale dell’associazione Luca Coscioni che a febbraio 2017 aveva accompagnato Fabiano Antoniani in Svizzera per ricorrere al suicidio assistito, e che il 28 febbraio si era autodenunciato in una caserma dei Carabinieri a Milano. Cappato ora sta affrontando un processo per istigazione al suicidio.

Il 14 dicembre 2017 è stata approvata in Senato la legge sul biotestamento e dopo questa prima vittoria l’esponente radicale guarda già al futuro.

“Per la prossima legislatura ci aspettiamo una proposta di legge sull’eutanasia e sul suicidio assistito, perché il diritto ad arrivare a una morte senza soffrire deve essere riconosciuto anche a coloro che non sono attaccati a una macchina, non dipendono da un trattamento vitale ma sono ugualmente sottoposti a una sofferenza insopportabile e a una malattia irreversibile”, spiega Cappato.

“Il nostro obiettivo per la prossima legislatura è quello di consentire libertà di scelta anche a quei malati che – pur sottoposti a sofferenze insopportabili e malattie irreversibili – non hanno terapie vitali da poter sospendere. Per loro, l’unica possibilità di interrompere una condizione di tortura è quella della legalizzazione dell’eutanasia. Ci batteremo perciò per l’approvazione della nostra legge di iniziativa popolare per l’eutanasia legale, depositata 4 anni e mezzo fa e mai discussa dal Parlamento”, prosegue Cappato.

Al punto 6 della disposizione si legge: “Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciarvi. In conseguenza di ciò, il medico è esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può esigere dal medico trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale e alla buone pratiche clinico-assistenziali. Il medico non ha obblighi professionali.

Ciò vuol dire che non si parla esplicitamente di obiezione di coscienza, ma il medico non è comunque tenuto a “staccare la spina”del paziente.

Su questo punto Cappato specifica: “per fortuna non è prevista un’obiezione di coscienza per i medici che dovranno rigorosamente rispettare la volontà del paziente, così da evitare il ripetersi di un caso particolarmente antipatico che si verifica con l’interruzione di gravidanza, dove i medici sono ormai liberi di sabotare le scelte delle pazienti”.

Sulla vicenda di Dj Fabo e sul processo che lo vede coinvolto l’esponente radicare è chiaro: “Questa legge non disciplina la morte volontaria e il suicidio assistito, per questo quel processo ha un grande senso di esistere e la battaglia va avanti”.

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