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Giulia Bongiorno: “Polemica sulle donne isteriche? Non ho nulla di cui scusarmi, sono rimasta intrappolata dai social”

Di Laura Melissari
Pubblicato il 31 Mar. 2019 alle 10:24

La ministra Giulia Bongiorno, che alcuni giorni fa era stata al centro della bufera per la sua frase sulle donne “isteriche” dopo l’approvazione del Codice rosso, il decreto per le vittime di violenza, ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera.

“Non ho nulla di cui scusarmi, questa volta. E glielo dico col cuore. Sono rimasta intrappolata nella rapidità a cui in quest’epoca i social, ma lo stesso vale per la tv, ci costringono”, ha detto Giulia Bongiorno al giornalista Tommaso Labate, che le aveva chiesto se volesse scusarsi per la sua frase.

La ministra della Pubblica amministrazione aveva detto e scritto su Twitter: “Una donna che fa una denuncia per stupro deve essere ascoltata dal pm o dal pg entro tre giorni. Così si può appurare immediatamente se si ha a che fare con un’isterica o con una donna in pericolo di vita e, in tal caso, salvarla”.

La parola “isterica” ha allarmato moltissimi cittadini, che hanno fatto notare come sia un concetto “medievale”, e non in uso da decenni, oltre che particolarmente offensivo.

“Quell’isterica non è mio. Moltissimi detrattori della norma Codice Rosso che ho incontrato sulla mia strada, nell’insistere sulla tesi secondo cui molte delle donne che denunciano una violenza in realtà non l’hanno subita, citano sempre quella parola. “E se è un’isterica?”, “Perdiamo tempo a causa di un’isterica?”, cose così”, ha detto la ministra.

E Bongiorno rincara la dose, dicendo che userebbe ancora quel termine, mettendolo tra virgolette, per sottolineare che si tratta di un termine usato dai detrattori della norma.

La ministra poi torna sul tema della castrazione chimica. “La gente mi chiede per strada “ma tu vuoi castrare le persone?”. Io non voglio castrare nessuno. Sono per la castrazione chimica come lo è la commissione anti tortura del Consiglio d’Europa”, spiega la ministra.

Bongiorno chiarisce che la castrazione deve avvenire a patto che ci siano 3 condizioni: che il colpevole accetti di essere castrato, che sia fornito un consenso informato e che si tratti di un trattamento reversibile.

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