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Secondo l’Espresso Giulio Regeni è stato tradito dalla sua migliore amica

La giornalista del settimanale, Floriana Bulfon, ha ricostruito la vicenda. Secondo l'inchiesta fu Noura Wahby, egiziana, compagna di studi a Cambridge, a tradirlo

Di TPI
Pubblicato il 13 Giu. 2017 alle 13:42 Aggiornato il 23 Apr. 2018 alle 14:59

Giulio è stato tradito dalla sua migliore amica. La giornalista del settimanale l’Espresso, Floriana Bulfon, ha ricostruito la vicenda. “Sappiamo, ed è dolorosissimo, che per paura o per varie forme di meschinità anche molti amici egiziani di Giulio lo hanno tradito o venduto”, aveva detto un mese fa l’avvocato della famiglia Regeni in Senato. Secondo l’Espresso sarebbe stata Noura Wahby, egiziana, compagna di studi a Cambridge, che rivelò: “Giulio è il mio miglior amico”.

Fu lei, come riferisce l’Espresso, a lanciare l’allarme della sua scomparsa il 25 gennaio 2016. “Ma ora qualcosa nel suo comportamento desta perplessità”, scrive Bulfon.

Secondo la ricostruzione, il 13 ottobre, quando Giulio incontra per la prima volta Mohamed Abdallah, il sindacalista che poi l’ha tradito e consegnato nelle mani dei carnefici, Noura fa una telefonata a una persona, che pochi secondi dopo chiama il quartier generale della National security. Questo si ripete per una quindicina di volte.

A svelarlo sono le comparazioni incrociate dal Ros dei Carabinieri. La procura di Roma ha fatto richiesta a Cambridge per sentire Noura, ma non ha avuto risposte, dal momento che la donna ha deciso di non parlare con le autorità italiane. Ha rilasciato solo qualche dichiarazione, contraddittoria all’Fbi, nelle quali sostiene che le telefonate siano pura casualità.

Sul suo profilo Facebook il 1 febbraio scriveva “Trovatelo, per favore”, poche ore prima che il ricercatore italiano venisse ucciso.

Secondo Bulfon, la ragazza parlò con le autorità egiziane, alla presenza degli investigatori italiani, solo il 18 febbraio 2016, raccontando che Giulio le aveva confidato che un tassista lo additò come “spia” quando lui gli rivelò di essere uno studente. Raccontò inoltre che la scheda sim egiziana utilizzata dal ricercatore italiano era intestata a lei.

Alla procura di Roma molte cose non tornano, ma il Cairo non accenna a dare risposte.

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