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Chi è don Paolo Farinella, il prete che chiuderà la chiesa a Natale contro il decreto Salvini

Don Paolo Farinella ai funerali di Don Gallo

Per i genovesi è una sorta di "nuovo Don Gallo". Lui si definisce "prete cattolico dal cuore laico" e alle ultime elezioni ha votato, "turandomi il naso", M5s

Di TPI
Pubblicato il 7 Dic. 2018 alle 11:36 Aggiornato il 7 Dic. 2018 alle 11:40

Chi è don Paolo Farinella, il prete che chiuderà la chiesa a Natale contro il decreto Salvini? Volente o nolente, il parroco di San Torpete, a Genova, è uno dei personaggi del momento.

Il motivo: a Natale chiuderà la sua chiesa di Genova in protesta contro il decreto Salvini. Un segno di protesta netto perché contro il decreto Salvini è necessaria “un’obiezione di coscienza”.

Il messaggio lanciato da Don Farinella tramite il suo blog è diventata una “notizia da giornale” in poche ore. E in tutta Italia hanno iniziato a parlare del “prete che chiude la chiesa a Natale contro Salvini”.

Ma Don Paolo Farinella non è nuovo ad azioni eclatanti. Lui si definisce “prete cattolico dal cuore laico” e precisa di “rappresentare solo se stesso” e quindi parla “solo da sé stesso, senza alcuna pretesa di insegnare qualcosa a qualcuno. Consapevole di esporsi, come ho sempre fatto nella sua vita”.

Per molti è una sorta di “nuovo Don Gallo”, e come il sacerdote degli ultimi si definisce un “prete di frontiera”.

Il suo messaggio, con cui spiega ai suoi parrocchiani perché a Natale troveranno chiusa la porta di San Torpete, è diventato quasi un manifesto politico “contro il provvedimento con cui il governo e il parlamento, nel silenzio totale dei cattolici e dei cristiani e alla vigilia di Natale, espelle dall’Italia quel Gesù di Nazareth di cui si vorrebbe celebrare la nascita”.

Perché ogni migrante, per Don Paolo, è Gesù di Nazareth. Ogni migrante espluso è espellere quel Gesù di Nazaret di cui si vorrebbe celebrare la nascita.

Ma il suo gesto, andando a guardare alle sue ultime prese di posizione a livello politico, assumono ancora più valore considerando che nell’ultima campagna elettorale ha pubblicamente dichiarato il suo voto a favore del Movimento 5 stelle.

Sul suo blog sul Fatto Quotidiano spiegava che “come aventi diritto al voto, dovremmo stare a casa” ma “faremmo il gioco di lorsignori”. Così il voto per il Movimento nato nella “sua” Genova è stato, per Don Paolo, una sorta di boicottaggio.

Perché “per resistere boicottando Renzi e i suoi compagni destrorsi di merenda non si vota Emma Bonino, perché raggiungendo tra l’1% e il 2% rafforza il mezzo toscano”. Perché “LeU di Piero Grasso è un’accozzaglia, una piccola mandria di capetti isolati col vuoto ognuno”.

Da qui il voto, “turandomi il naso”, al Movimento 5 stelle, anche se “non mi piace per la non-democrazia interna, per essere non post-ideologico ma semplicemente sine-ideologia e quindi senza ideali grandi, ma con orizzonti di convenienza e pragmatici”.

Don Paolo Farnella non salva nemmeno Beppe Grillo, definito in diverse interviste “un politico inutile e un comico fallito”. Eppure aveva salutato con favore la nascita del suo Movimento. Ma, negli anni, con la scalata dei 5 stelle al vertice della politica italiana, “ha perso ogni capacità di reale approfondimento e persino di umorismo”. Di fatto, «è alla frutta o forse alla grappa. All’inizio della sua avventura in qualche modo ha fatto sperare, oggi no».

Di certo, almeno guardando alla clamorosa protesta contro il decreto Salvini, ora sarà pentito se non del voto almeno dell’endorsment pubblico all’alleato di governo del ministro dell’Interno.

Ma nel suo mirino, più che gli elettori ci sono i credenti. I fedeli. Chi si dice cristiano o cattolico e vota o apprezza le politiche dell’attuale governo. Perché “inneggiando Salvini”, uomo “incolto e senza alcun senso dello Stato e del Diritto”, i cattolici “sono complici di lesa umanità e di deicidio” perché “ogni volta che si fa un torto sul piano del Diritto alla persona del povero, lo si fa a direttamente a Gesù nella carne viva dei migranti”.

Il decreto Salvini “è incostituzionale”, e “prima gli italiani” è “un obbrobrio giuridico che fa straccio di secoli di conquiste di civiltà giuridica”.

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