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“Se cacciano via lui ce ne andiamo anche noi”, gli italiani contro il Decreto Sicurezza

Mamadou Diouf. Credit: RepTv
Di Clarissa Valia
Pubblicato il 15 Dic. 2018 alle 09:41 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 02:35

”Mamadou ormai è un figlio, se cacciano via lui ce ne andiamo anche noi”. Queste sono le parole di Mario Galasso, direttore della Caritas, il primo laico a ricoprire questo ruolo.

Galasso è uno dei numerosi italiani che i migranti “li ospitano a casa loro” e che si oppongono al Decreto Sicurezza voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. La legge che potrebbe togliere la protezione umanitaria ad alcuni richiedenti asilo come Mamadou Diouf.

Mamadou Diouf ha 23 anni, viene dal Senegal e oggi vive a Rimini, dove è stato accolto dalla comunità: “Oggi Mamadou è il nostro terzo figlio, ci chiama babbo e mamma e siamo la sua famiglia”, ha raccontato Galasso in un’intervista a Repubblica.

“Noi non lo lasceremo andare via, se Mamadou venisse espulso, ci espelliamo anche noi dall’Italia e lo seguiremo in Africa”, ha spiegato.

Mamadou Diouf è stato salvato da una nave italiana e così ha ottenuto la protezione umanitaria, che ora potrebbe venirgli negata proprio grazie al decreto sicurezza. A Rimini Mamadou Diouf va a scuola, frequenta l’ultimo anno di un istituto alberghiero e dopo le lezioni corre ad allenarsi, Mamadou ha una grande passione: l’atletica.

“Il mio sogno è andare alle olimpiadi con la bandiera dell’Italia”, ha detto il ragazzo.

Il suo allenatore, Sergio Giannini della Miramare Runners ha spiegato che Mamadou: “È un talento, ma non soltanto fisico, il suo punto forte è la testa, ha una determinazione pazzesca che lo porterà a battere i record senegalesi sui 3mila metri, sui 5mila e sui 10mila”.

Mamadou è partito da un piccolo villaggio del Senegal tre anni fa, ha attraversato altri 3 paesi, il deserto e poi è arrivato in Libia, dove ha trascorso 3 mesi in prigione, tra torture e privazioni.

Riuscito a fuggire dalle carceri libiche, con un gommone è arrivato in Italia, a Lampedusa.

“È un giovane che lavora come mediatore culturale, studia e ha grandi sogni, potrebbe chiedere il permesso di lavoro, ma a causa di un errore all’anagrafe in Senegal, non può avere il passaporto e se torna lì non riuscirebbe a rientrare in Italia”.

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