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Clochard bruciato vivo “per noia”, per i ragazzi autori del gesto nessuna condanna

Credit: AFP

Nel pomeriggio del 13 dicembre 2017, due minori appiccarono un incendio all'auto di un senzatetto di 64 anni. Processo sospeso: per l'unico imputabile, il 17enne, è stato deciso un periodo di messa in prova

Di Cristiana Mastronicola
Pubblicato il 1 Feb. 2019 alle 12:52 Aggiornato il 1 Feb. 2019 alle 12:57

Il 17enne che uccise Ahmed Fdil, clochard di 64 anni, a Santa Maria di Zevio, nel Veronese, non è stato condannato per l’accusa di omicidio volontario aggravato che pendeva sulla sua testa da quel 13 dicembre 2017, quando insieme a un amico appiccò il fuoco alla Fiat Bravo in cui l’uomo dormiva.

Il giudice Maria Teresa Rossi del Tribunale dei minori di Mestre ha, infatti, deciso la sospensione del processo per tre anni e la messa in prova del ragazzo.

Il 17enne, che all’epoca dei fatti, aveva 16 anni, da mesi è ospite di una comunità, dove continuerà a stare per i prossimi tre anni. Come ha stabilito il giudice, se il ragazzo dimostrerà una condotta positiva, al termine del periodo di prova il reato verrà dichiarato estinto.

Insieme a lui, quella notte del 13 dicembre di due anni fa, c’era un altro ragazzino, responsabile allo stesso modo della morte del 64enne di origine marocchina. Il secondo autore del gesto, però, aveva appena 13 anni allora, quindi non imputabile, avendo meno di 14 anni.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, i due adolescenti avrebbero deciso di appiccare il fuoco all’auto in cui l’uomo dormiva da mesi, dopo aver perso il lavoro, per noia. Proprio il più piccolo dei due ha confessato di aver preparato insieme all’amico i fazzoletti con cui appiccare il fuoco della macchina di Ahmed Fdil. “Incendiammo l’auto per noia, per fare uno scherzo”, ha riferito il 13enne, ammettendo che i due erano intenzionati a uccidere un uomo.

Increduli i familiari della vittima, come pure il loro avvocato, Alessandra Bocchi: “Non me lo aspettavo”. La famiglia di Fdil, inoltre, non si è potuta costituire parte civile perché per la legge non è ammesso nei processi con imputati minorenni.

“Prendiamo atto dell’ordinanza, l’accettiamo e la rispettiamo. Tuttavia, considerato il tipo di reato, ovvero l’omicidio volontario aggravato dalla minorata difesa, secondo noi si sarebbe potuti arrivare a sentenza”, ha aggiunto l’avvocato.

La rabbia della famiglia della vittima, però, non si placa. Il nipote del clochard, Salah Fdil, è stato allontanato dall’aula a causa delle proteste seguite alla lettura della decisione del giudice. “La vita di mio zio vale meno di zero”, ha detto l’uomo. Nessuno voleva vendetta, aggiunge Bocchi, ma solo che venisse fatta giustizia: «invece il ragazzino – afferma – non si è neppure scusato per ciò che ha fatto. Questa decisione ha il retrogusto dell’impunità».

“Non passa giorno che non pensi a questo fatto. Voglio recuperare la mia vita, ripartire da zero…”, avrebbe detto il 17enne. Ora il minorenne dovrà iniziare un percorso di psicoterapia, e proseguire nel programma rieducativo dei servizi sociali: continuerà a studiare, praticare sport e, due volte la settimana, fare del volontariato in un canile e in una struttura che assiste i disabili.

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