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Cinque carabinieri sono stati rinviati a giudizio per il caso di Stefano Cucchi

A deciderlo è stato il gup del tribunale di Roma, che ha accolto la richiesta della procura. Le accuse sono di omicidio preterintenzionale, falso ideologico in atto pubblico e calunnia

Di Lara Tomasetta
Pubblicato il 10 Lug. 2017 alle 17:07

Il gup del tribunale di Roma ha disposto il rinvio a giudizio dei carabinieri imputati nell’ambito dell’inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi, accogliendo la richiesta della procura di Roma avanzata a febbraio 2017.

Stefano Cucchi era un geometra romano deceduto nell’ottobre 2009 a Roma, una settimana dopo il suo arresto per possesso di droga. Secondo i legali della famiglia Cucchi, Stefano fu picchiato violentemente prima ancora dell’udienza di convalida dell’arresto, la mattina del 16 ottobre.

Dopo il ricovero all’ospedale Pertini, Stefano non fu accudito e nutrito e fu lasciato morire di fame e di sete.

Il giudice dell’udienza preliminare, Cinzia Parasporo, ha disposto il provvedimento per i tre militari, Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco che dovranno rispondere di omicidio preterintenzionale pluriaggravato dai futili motivi e dalla minorata difesa della vittima.

Mentre il maresciallo Roberto Mandolini e il carabiniere Vincenzo Nicolardi sono accusati di calunnia verso gli agenti di polizia penitenziaria. Dovranno rispondere di falso ideologico in atto pubblico e calunnia.

Nel processo la famiglia Cucchi si è costituita parte civile.

Si chiude così l’inchiesta bis avviata a dicembre 2015. La prima data del processo è stata fissata al 13 ottobre.

“Finalmente i responsabili della morte di mio fratello, le stesse persone che per otto anni si sono nascoste dietro le loro divise, saranno chiamati a rispondere di quanto commesso”, ha commentato Ilaria Cucchi, sorella di Stefano.

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