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Gli elettori delusi bruciano le bandiere M5S: i grillini ora dovranno difendersi dai “mostri” che hanno creato

Dalle proteste degli studenti alle rivolte contro la Tap, fino alle manifestazioni di tassisti e bus turistici a Roma: vessilli pentastellati dati alle fiamme. Negli anni in cui erano all'opposizione i Cinque Stelle fomentavano odio verso i loro avversari, ora che sono al governo quei focolai sono diventati incendi e in mezzo ci sono loro

Di Fabio Salamida
Pubblicato il 21 Dic. 2018 alle 10:27

Bruciano le bandiere del Movimento 5 Stelle. E pensare che, non molto tempo fa, pagine e gruppi social vicini ai grillini e persino diversi canali ufficiali del partito della Casaleggio Associati davano risalto a video pubblicati da presunti militanti del Partito democratico che bruciavano le loro tessere per protestare contro le politiche dei governi Renzi e Gentiloni.

Nel gennaio scorso, fece scalpore un post su Facebook del capogruppo pentastellato nel Consiglio comunale di Roma, Paolo Ferrara, che conteneva il filmato di un goffo tentativo di distruggere una delle suddette tessere plastificate con un accendino: il grillino dovette poi scusarsi.

Da allora sembra passato un secolo: il Movimento 5 Stelle è al governo con la Lega di Salvini, quella che deve restituire allo Stato 49 milioni di euro in 80 anni di comode rate, e a bruciare nelle piazze ci sono i suoi vessilli.

È accaduto a Milano, in occasione di una manifestazione di studenti, poi a San Foca, frazione di Melendugno, dove gli attivisti No-Tap hanno protestato contro il mancato blocco dell’opera (ricordando in quell’occasione che una delle principali comparse del Movimento, Alessandro Di Battista, in campagna elettorale aveva detto: “la blocchiamo in due settimane”), e per ben due volte negli ultimi giorni.

La prima in occasione della protesta degli autisti Ncc, la seconda durante il blocco di piazza Venezia improvvisato a Roma dagli operatori dei bus turistici.

Sia chiaro, in democrazia bruciare dei simboli di partito è sempre un atto indegno, anche quando la protesta è giustificata da valide motivazioni. Tuttavia, non si può non vedere un effetto boomerang.

Negli anni in cui sono stati all’opposizione, infatti, Grillo, Di Maio, Di Battista, Taverna, Toninelli & co., hanno fomentato odio verso i loro avversari. Lo hanno fatto sui social network, nelle loro comparsate in tv (rigorosamente senza contraddittorio) e nelle piazze, bollando come criminali i politici, i giornalisti, gli imprenditori e i professionisti considerati ostili.

Lo hanno fatto utilizzando espressioni forti, spesso al limite della violenza, alternando agli attacchi tante promesse spesso irrealizzabili sia su grandi temi nazionali, che su questioni locali. Oggi contro di loro inizia a montare la protesta.

Non è una novità: chi governa finisce sempre per scontentare qualcuno e tutti, prima o poi, si ritrovano a dover fare i conti con la piazza. La differenza è nei modi e nel livello di rabbia che si respira in queste manifestazioni anti-M5S.

Le bandiere bruciate non sottendono solo un attacco al potere costituito, ma lo sfogo rabbioso di chi grida al tradimento: “Io ti ho messo lì, ora tu non rispetti i patti”.

Il Movimento 5 Stelle dovrà ora difendersi dagli stessi ‘mostri’ che ha creato per arrivare al potere, ‘mostri’ che ha fomentato per abbattere i suoi nemici.

I grillini hanno soffiato su ogni possibile focolaio di protesta, spesso senza rendersi conto che una volta saliti al potere avrebbero dovuto render conto di ciò che promettevano, che quei focolai sarebbero diventati incendi e che in quelle fiamme ci sarebbero finiti con le loro bandiere.

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