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    Dopo “tempesta emotiva”, l’attenuante “delusione”: pena ridotta all’uomo che uccise a coltellate la compagna a Genova

    Jenny Angela Coello Reyes
    Di Clarissa Valia
    Pubblicato il 13 Mar. 2019 alle 14:05 Aggiornato il 13 Mar. 2019 alle 15:00

    Un altro femminicidio con un attenuante che fa discutere. A Genova nell’aprile del 2018 un uomo ha ucciso a coltellate al petto la compagna perché la donna non aveva mantenuto la promessa di lasciare l’amante.

    Il pm che ha seguito il caso aveva chiesto una pena di trent’anni per il condannato 52enne Javier Napoleon Pareja Gamboa. Pena che è stata ridotta a sedici.

    Il giudice ha infatti concesso all’uomo le attenuanti generiche. Secondo quanto riporta Il Secolo XIX nella motivazione della sentenza emessa a dicembre si legge che l’omicida è stato mosso “da un misto di rabbia e di disperazione, profonda delusione e risentimento. […] ha agito sotto la spinta di uno stato d’animo molto intenso, non pretestuoso, né umanamente del tutto incomprensibile”.

    E “non ha agito sotto la spinta di un moto di gelosia fine a sé stesso, per l’incapacità di accettare che la moglie potesse preferirgli un altro uomo, ma come reazione al comportamento della donna, del tutto incoerente e contraddittorio, che l’ha illuso e disilluso nello stesso tempo”.

    La vittima è Jenny Angela Coello Reyes, 46 anni, uccisa nel loro appartamento di via Fillak, a Rivarolo.

    La vicenda ricorda l’omicidio di Olga Mattei, strangolata a mani nude dal suo compagno nel 2016 a Riccione. Michele Castaldo, 57 anni, era stato condannato in primo grado a trent’anni, ma nel successivo grado di giudizio la Corte d’Appello di Bologna aveva dimezzato la pena riducendola a sedici.

    L’uomo era stato rifiutato dalla donna e aveva perso la testa. “Le ho detto che lei doveva essere mia e di nessun altro”, aveva raccontato ai magistrati. Un vortice di gelosia e nevrosi che lo portò a commettere un delitto atroce, da lui stesso confessato.

    Nella motivazioni della sentenza di secondo grado si legge che Castaldo ha commesso il fatto in preda a una “soverchiante tempesta emotiva e passionale”. Una condizione “certamente immotivata e inidonea a inficiare la sua capacità di autodeterminazione”, ma che, anche “a causa delle sue poco felici esperienze di vita”, è comunque “idonea a influire sulla misura della responsabilità penale”.

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