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“Antonio come mia figlia, stessa età, stesso orrore”, parla la mamma di Valeria Solesin

Antonio Megalizzi e Valeria Solesin
Di Clarissa Valia
Pubblicato il 15 Dic. 2018 alle 11:26

Valeria Solesin e Antonio Megalizzi avevano entrambi 28 anni quando hanno perso la vita, ma non è solo l’età ad accomunarli. Entrambi sono morti per mano di un’attentatore, entrambi sono vittime di un attentato terroristico, entrambi giovani e figli di un’Europa per la quale lavoravano e in cui credevano.

Valeria era una ricercatrice, Antonio un giornalista. Entrambi appassionati. Entrambi hanno perso la vita in Francia, Valeria è morta negli attentati che hanno colpito Parigi il 13 novembre 2015. Si trovava al concerto rock della band Eagles of Death Metal nel teatro Bataclan quando gli attentatori sono entrati nell’edificio e hanno aperto il fuoco.

Antonio è stato invece colpito da un proiettile sparato da Cherif Chekatt martedì 11 dicembre ai mercatini di Natale a Strasburgo. Antonio ha resistito un po’ di più, ha lottato tra la vita e la morte per tre giorni, ma non ce l’ha fatta e la sera di venerdì 14 dicembre è morto.

“Antonio come mia figlia, stessa età, stesso orrore. Vorrei conoscere i genitori del killer”, Luciana Milani, madre della di Valeria Solesin ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera. La morte di Antonio Megalizzi le ha ricordato quella di sua figlia.

“Sono circostanze in cui si rinnova un dolore che c’è sempre. Pensare che un altro ragazzo sia andato incontro a un destino del genere è molto triste. Queste cose ormai possono succedere in qualsiasi momento, è talmente semplice: basta una pistola, un coltello… Se poi la vittima è un ragazzo italiano sentiamo le cose più da vicino, ma non è diverso da quello che è successo a Genova con il crollo del ponte: quante vite sconvolte, quanto dolore…”.

Luciana Milani parla anche dei genitori dell’attentatore di Strasburgo Cherif Chekatt, anche lui 29 anni, giovanissimo come Valeria e Antonio.

“Resta un mistero per me l’attentatore, che da quello che ho letto era una persona isolata, con precedenti penali, non sembra facesse parte di gruppi, non mi pare avesse una rete. Ecco, mi piacerebbe davvero sapere cosa scatta nella testa di queste persone: di sicuro aveva messo in conto che al novantanove per cento qualcuno poi lo avrebbe ammazzato. Dunque perché lo ha fatto? Vorrei conoscere i suoi genitori, i fratelli: sappiamo sempre così poco di loro. E anche loro devono affrontare un lutto, ponendosi però mille altre domande. Penso sempre ai familiari. Deve essere una cosa terribile. Chissà come se la rigirano. Si domanderanno tante cose, è un nonsenso. E hanno perso un figlio”.

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