Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
Home » Gossip

Parlare con il proprio cane o gatto è sintomo di intelligenza

Il professore di Scienze comportamentali Nicholas Epley ha spiegato che è il frutto di centinaia di migliaia di anni di evoluzione dell'essere umano

Di Massimo Ferraro
Pubblicato il 2 Gen. 2018 alle 07:11 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 19:32

C’è chi parla con le piante, chi con la macchina che non vuole partire, chi con la penna che non scrive o il pc che si spegne all’improvviso. Ma soprattutto, c’è chi parla con i propri animali domestici, trattandoli come esseri umani. La notizia è che un sintomo di intelligenza, lo dice la scienza.

Rivolgersi agli oggetti inanimati o agli animali come se potessero capirci è considerato accettabile solo se a farlo sono i bambini. Un adulto che implora alla macchina di ripartire o riempie di complimenti il cane per avergli portato indietro un bastone provoca ancora l’ilarità di chi ci è accanto.

Ma la capacità di rendere umani anche gli oggetti, antropomorfizzandoli, è il frutto di centinaia di migliaia di anni di evoluzione della mente umana, una capacità unica della nostra specie.

“È uno dei segni della nostra intelligenza superiore”, ha spiegato il professore di Scienze del comportamento Nicholas Epley a Quartz.

Perché lo facciamo? “Ci sono tre motivi principali: l’oggetto assomiglia a un volto umano, vorremmo esserne amici, non riusciamo a spiegarne il comportamento imprevedibile”.

L’antropomorfizzazione si intreccia quindi con la pareidolia, un meccanismo che ci porta a ricondurre a forme note e sensate cose e oggetti di ogni tipo. Credendo di riconoscere facce umane negli oggetti che ci circondano.

Una capacità così sviluppata che l’artista Keith Larsen ha collezionato una serie di ritratti in cui immortala  i “volti” amichevoli di una fetta di pomodoro, un caminetto, la lavastoviglie.

Umanizzare l’inanimato è in realtà un vero e proprio meccanismo difensivo, come ha spiegato Epley, una tecnica che abbiamo sviluppato per distinguere tra amici o potenziali predatori.

“L’inganno più frequente è quello degli occhi: li vediamo spesso e ovunque, è capitato a tutti. Il motivo? È attraverso gli occhi che crediamo di avere una finestra nell’anima di chi abbiamo di fronte, per questo li cerchiamo così spesso”.

E se qualche collega di Epley è scettico a riguardo, il professore non ha dubbi: l’antropomorfismo è legato all’intelligenza. “È il segno delle incredibili capacità del nostro cervello, non della nostra stupidità”.

Leggi l'articolo originale su TPI.it
Exit mobile version